Il vescovo Muser: «Papa Francesco, bene l’elezione di un latinoamericano”

Il presule altoatesino commenta la nomina del nuovo pontefice: “Il conclave ha fatto una scelta politica. In Sud America vivono metà dei cattolici del mondo»



di Davide Pasquali

«Sono molto contento che i cardinali abbiano deciso così celermente». Ha esordito così, monsignor Ivo Muser, davvero raggiante, alla precipitosa conferenza stampa convocata ieri sera in Curia, soltanto pochi minuti dopo l’Habemus papam. «E mi fa molto piacere che sia stato prescelto un uomo che appartiene alla Chiesa del mondo». Non ha nascosto la sorpresa, il vescovo di Bolzano e Bressanone, per la scelta di «un vescovo che viene dall’altra parte del Pianeta». Nonostante tutto, però, «è sempre lo stesso mondo, che è il nostro, che ci è stato affidato: il mondo cattolico».

Muser ha tenuto innanzitutto a sottolineare la sua prima emozione: «Alle 19 e 6 è arrivata la fumata bianca, con le campane di San Pietro e una folla festosa in piazza. E questo per me è veramente espressione della cattolicità: non si conosce ancora la persona, non si conosce il suo nome, sappiamo solo una cosa, ciò che conta: habemus papam. Questo esprime la dimensione universale della nostra Chiesa: avere di nuovo un capo, il vescovo di Roma, chiamato a presiedere tutte le chiese del mondo».

Personalmente, Muser non conosce il nuovo Papa. «Non ci siamo mai incontrati, ma desidero comunque sottolineare alcuni aspetti che mi convincono. È un Papa che conosce il mondo: è argentino, ha studiato anche in Germania, conosce bene la realtà italiana. È il primo gesuita sul seggio di Pietro. E penso che sia una personalità molto spirituale». Muser augura al neo eletto pontefice soprattutto una cosa: «Una grande libertà interiore».

Il vescovo altoatesino ieri sera ha anche augurato al Papa «di aver molti buoni collaboratori». Il pontefice «non deve essere un grande organizzatore, e non deve essere un grande scienziato. Deve avere proprio questa passione, la passione di Pietro».

Moltissimo, a Muser, ha fatto piacere la scelta del nome. «Si chiama Francesco. Un programma direi di grande, grande importanza. Mi piace anche il fatto che il nuovo Papa, che è un gesuita, abbia scelto il nome di San Francesco. E sappiamo tutti chi era San Francesco: il poverello di Assisi. Colui che voleva essere l’ultimo di tutti i fedeli». Una grande sorpresa, ma forse nemmeno così tanto, «altrimenti l’elezione non sarebbe stata così rapida».

I cardinali, questo il pensiero di Muser, «hanno evidentemente assunto una posizione chiara. E anche questo è un buon segno». Negli ultimi giorni, ha ricordato il vescovo, «si è speculato così tanto, su chi fossero i favoriti e così via... Penso che con questa elezione si sia voluto lanciare un messaggio forte».

Al pontefice, ha proseguito monsignor Muser, «occorrerà la nostra fede, la nostra collaborazione. Non dovrà essere lasciato solo». Il vescovo ha ascoltato le parole pronunciate dal nuovo Papa subito dopo il suo insediamento. «Ha detto “Facciamo un cammino insieme, ho bisogno di voi”. È stato il primo Papa che è uscito e ha cominciato a pregare: ha recitato il Padre nostro, l’Ave Maria e il Gloria. E poi ha chiesto la benedizione del popolo. Non è solo un gesto buttato lì: esprime tantissimo: il Papa ha bisogno della fede e della preghiera e dell’aiuto del suo popolo».

Il nodo del discorso di Muser, però, è da rinvenire nel nome del nuovo pontefice. «Francesco è un programma chiaro. Nella lunga sequela di Papi, è la prima volta che qualcuno porta questo nome. Mi pare veramente una scelta coraggiosa, un nome nuovo. E, ovviamente, al nuovo nome corrisponde un nuovo programma». Francesco «è stato diverso da tutti gli altri uomini del suo tempo: ha riportato la Chiesa vicina ai suoi contemporanei. Con assoluta non violenza. Francesco sta anche a significare un nuovo modo di dialogare a livello interreligioso. Non dobbiamo dimenticare in che tempi visse San Francesco: durante le Crociate. Lui andò in Terrasanta senza armi, ma concluse molto di più dei Crociati con le loro armi. Francesco è un programma molto preciso anche per quanto riguarda la povertà».

Una scelta che Muser definisce senza dubbio «politica», quella di mettere al centro i fedeli sudamericani, i poveri. Una scelta prettamente gesuitica: «Qui c’è il vero cuore del Vangelo». Francesco, inoltre, ai suoi tempi, con le sue scelte di vita, «si dimostrò un notevole critico della Chiesa cattolica, ma non disse mai parole dure o feroci nei confronti della stessa Chiesa o contro il Papa. E questo nonostante con il suo modo di vivere fosse una spina nel fianco della Chiesa. Ma Francesco e il suo modo di vivere il Vangelo, furono riconosciuti anche dal Papa». Questi aspetti, a detta di Muser, «giocano un ruolo fondamentale».

Insomma, quella del nome Francesco è un vera e propria scelta, consapevole, significativa. «Questo Papa è stato il primo ad avere il coraggio di sceglierlo, sono certo che lo onorerà». Benedetto XVI ha seguito per otto anni il programma indicato dal suo nome. Anche Bergoglio darà concretezza al programma contenuto, anticipato dal nome Francesco. «Naturalmente è un grande programma, molto impegnativo. Ci sono pochi santi, nella storia della Chiesa, ad aver dimostrato la radicalità di Francesco». I cui due insegnamenti fondamentali sono stati la povertà e la pace, la non violenza. «Non violenza anche nelle stesse parole. Per me questo è molto importante».













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