Innamorati della Sasa: restaurano 4 bus ma restano senza sede 

Acquistati e rimessi a nuovo mezzi storici del trasporti «Ora siamo stati sfrattati, ci serve una rimessa con tettoia» 


di Davide Pasquali


BOLZANO. «Purtroppo ho ricevuto lo sfratto dal parcheggio in Zona dove per anni ho preservato il materiale inerente al trasporto pubblico provinciale, compresi quattro autobus restaurati alla perfezione. Nonostante le innumerevoli richieste di un posto coperto, tutte andate a vuoto dal 2011 ad oggi, mi trovo nella condizione di dover disperdere questo patrimonio recuperato con notevoli sforzi economici e di tempo». È l’incipit della lettera che Andrea Strapazzon, da 38 anni dipendente Sasa, adesso ha scritto alla giunta provinciale. «Non posso pensare di abbandonare su un piazzale alle intemperie e ai vandali dieci anni di meticoloso lavoro di restauro e dovrò mio malgrado cedere ad altre associazioni sparse sul territorio nazionale quanto raccolto». Rimane il rammarico «per una cecità della politica nei confronti di un’opportunità a costo zero».

La Historical Transport System. Nell’aprile del 2011, racconta Strapazzon, «un gruppetto di dipendenti d’officina e di linea della Sasa di Bolzano e Merano hanno costituito un’associazione senza fini di lucro, con lo scopo di collezionare autobus storici che nel passato sono stati di proprietà di aziende operanti in Alto Adige. L’associazione non è in possesso di alcun capitale sociale, attualmente è in possesso di 4 bus e l’acquisto dei primi tre è stato fatto precedentemente alla costituzione della stessa con il solo finanziamento del socio fondatore». Ossia Strapazzon.

Il primo recupero. Il primo bus recuperato? «Un De Simon su telaio Sicca 176 LS originario di Bolzano, n° aziendale 103, e in uso sulla tratta Bolzano - Merano. Acquistato in provincia di Treviso nel 2007, è stato completamente revisionato con la sostituzione di motore, cambio, impianto frenante, e rifacimento completo delle parti di raffreddamento, pneumatica ed elettrica. È stato inoltre completamente risanato di carrozzeria con il ripristino della livrea originaria e il rifacimento completo di tutti i sedili interni». Il bus è iscritto al registro Asi (Automotoclub storico italiano) col n° 192976.

In caccia a Treviso. Nel 2009, terminato il primo restauro, «si è proseguito con l’acquisto di un Inbus U210 sullo stesso telaio. Non essendo più circolante alcun mezzo ex Bolzano, si è optato per l’acquisto di un mezzo simile proveniente dal parco Actt di Treviso». Pure in questo caso «si è intervenuti per riportarlo allo stato in cui faceva servizio nella nostra provincia con il rifacimento completo della carrozzeria e della parte interna». Il bus è iscritto all’Asi con il n° 128566.

Il Fiat «napoletano». Nel 2011 è stato acquistato un bus Fiat 418 AC/M con carrozzeria Menarini, «ma non essendocene più circolanti ex Bolzano, si è optato per un veicolo quasi identico proveniente da Napoli e in buone condizioni». È iscritto con Certificato di Rilevanza Storica n° 109363 del 12/07/2013 all’Asi. «Anche in questo caso, per riportarlo a com’erano i veicoli in servizio a Bolzano e Merano, primi ad adottare la livrea provinciale arancio/blu/bianca in uso dal 1977 fino al 1992 circa, il bus necessitava di una totale riverniciatura, la modifica del vetro dell’indicatore di linea anteriore realizzato appositamente per la città di Rovigo (da dove proviene il 418), la sostituzione del pavimento interno con il modello a coste marrone e la riverniciatura degli interni. Oltre, logicamente, ad una completa revisione della meccanica». Per questo restauro sono stati “cannibalizzati” cinque bus bolzanini in demolizione «da dove abbiamo reperito tutte le parti di carrozzeria, per riportarlo all’origine».

Finiti all’Est. Nel 2013 è stato acquistato un ulteriore bus, a Treviso, «in quanto la dotazione di Bolzano era finita nei paesi dell’Est». Il veicolo «è in buone condizioni ed è storicizzato presso l’ASI con il n° 127833. È stato riverniciato completamente con il ripristino della fascia nera, tipica di questa serie di veicoli».

Migliaia di foto. Oltre a questi bus, prosegue, «la nostra associazione possiede oltre 11.500 foto riguardanti il trasporto persone della provincia dal 1900 circa in poi. Sono catalogati: funivie – seggiovie – tram – bus – ferrovie – funicolari – skilift eccetera. Inoltre abbiamo vecchi orari, emettitrici biglietti, tabelle fermata, divise, modellini ecc.».

Vane richieste d’aiuto. «È dal 2011 - prosegue Strapazzon - che inviamo richieste di aiuto a tutte le istituzioni provinciali, ai Comuni di Bolzano e Laives, al demanio, all’esercito, senza ricevere alcun aiuto concreto. Nei vari anni tramite l’assessore provinciale Tommasini, che ha “spinto” l’assessore Mussner, ci siamo trovati all’ex Anas di Oltrisarco. Qui ci sarebbe un capannone idoneo per preservare i bus al coperto, oltre a degli edifici per ospitare le esposizioni di divise, biglietti, foto ecc. Purtroppo il cancello di entrata è molto stretto, ma siccome serve per accedere alle scale che portano all’autostrada in caso di emergenza, si erano detti disposti ad allargarlo, nell’interesse anche dei pompieri e dei vari mezzi di soccorso. Era l’occasione buona, con un piccolo restauro degli immobili, per togliere dall’abbandono e da tutti i senzatetto che lo frequentano una struttura che poteva essere integrata con altre attività. A Bolzano ci sono più associazioni di modellismo, che si unirebbero volentieri per avere uno spazio dove trovarsi ed esporre i lavori fatti. Anche la Leitner si era detta disponibile a fornire materiale per un “filone” del museo riguardante i trasporti a fune. Poi è calato il silenzio come tutte le altre volte...» Un museo dei trasporti in Italia non esiste, «ci sarebbe la possibilità di fare qualche cosa di carino a Bolzano, senza spendere una fortuna e valorizzando l’archeologia industriale del nostro territorio. Sicuramente ci sono capannoni inutilizzati; da una stima dell’Alto Adige, ne risultano centinaia in tutta la provincia». E le caserme? «Mi viene in mente quella alla stazione ferroviaria di Laives, usata per 350 giorni all’anno come deposito delle tribune per i giochi invernali “Casta”; ma se non hai gli agganci giusti, le porte sono tutte chiuse!» L’associazione aveva acquistato anche un bus tipico di Merano «per rappresentare anche il Burgraviato nella collezione, ma siamo stati costretti a cederlo a un’altra associazione per mancanza del posto dove ospitarlo».













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