L’Appius di Terzer il vino da 100 euro

Chardonnay «mischiato» a Sauvignon, Pinot Grigio e Bianco Richiestissimo nonostante il costo, premi da tutte le guide


di Angelo Carrillo


APPIANO. Alla sua terza annata l’Appius, il “supervino” creato dallo storico enologo di San Michele Hans Terzer, va di nuovo a segno con premi e riconoscimenti in quasi tutti le guide. L’annata è il 2012, e il vino si discosta di poco dalla formula degli anni passati con un assemblaggio di chardonnay (circa i due terzi) e il resto ripartito tra Sauvignon Blanc, Pinot Grigio e Pinot Bianco. Ma soprattutto per il prezzo, sui 100 euro: «5.500 bottiglie più un centinaio fra magnum e carati maggiori - spiega Terzer - che tra prenotazioni e vendite sono già quasi tutte esaurite!». Un azzardo azzeccato insomma, che ha fatto da apripista con il “Terlaner Primo” della cantina di Terlano al tentativo di scalata dei segmenti più alti di mercato. “Gente benestante ma non solo – soprattutto i grandi appassionati internazionali che amano i grandi vini francesi e internazionali, quasi sempre molto più cari del nostro”. 40anni come responsabile a San Michele, più di sessanta anni portati sportivamente, formalmente in pensione, ma ancora insostituibile. Uomo immagine della grande cantina cooperativa di Appiano, ma anche deus ex machina. “Continuo a far vino finché non mi manderanno via” dice Terzer scherzando, ma non troppo. Un direttore d’orchestra d’altronde non va mai davvero in pensione. In realtà quest’anno era atteso il suo primo “grande Rosso” ma pare che Terzer poco soddisfatto abbia deciso di replicare il successo del suo Appius bianco “Un vino che è il sogno inseguito da tutta una vita e che proprio per questo ho voluto firmare personalmente” e non è solo un modo di dire “con il meglio dell’annata, del terroir e dei vigneti della cantina di San Michele”. Nome non casuale Appius, che ricorda le origini romane della località dove il possidente Appius avrebbe fondato una delle colonie vinicole delle colline di Bolzano. Terzer se ne è appropriato volentieri, lui che nel 1998 è stato nominato enologo dell’anno aprendo la strada agli enologi “personaggio” dell’Alto Adige. Buona parte del successo della cantina fondata nel 1907 si deve infatti a lui e alla sua perseveranza. Ma non solo. I dodici viticoltori che per liberarsi dal giogo dei commerciati di vino si unirono in cooperativa oggi sono diventati trecento. Tante teste diverse unite da un progetto qualitativo “costruito in anni di battaglie per migliorare in primo luogo il lavoro in vigna e a convincere i contadini della bontà del progetto”. Uno sforzo ben ripagato “quando una cantina può pagare prezzi alti per la qualità tutto diventa più semplice, ma ci abbiamo messo molti anni per arrivarci”. Lavorando sodo e senza compromessi. “C’era da cambiare tutto un mondo che nei decenni precedenti aveva puntato tutto sulla quantità. Un mondo di cui non c‘è quasi più traccia. “Quando sono diventato enologo di San Michele nel 77 a 22 anni, il 60% della produzione altoatesina era ancora di vini a base Schiava, oggi siamo al 15 percento e l’Alto Adige è diventato uno dei maggiori produttori di vini bianchi di qualità”.













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