L’assoluzione di Rainer impugnata a Roma

Il caso finisce in Cassazione. Contestati i principi civilistici utilizzati dalla Corte d’appello



BOLZANO. Il caso Rainer nell’ambito dello scandalo Sel si riapre. Dopo la clamorosa assoluzione in appello dell’ex direttore genereale della società energetica provinciale (accusato di truffa), l’Avvocato generale Paul Ranzi ha depositato in Cassazione l’impugnazione della sentenza con cui la Corte d’appello, lo scorso 20 ottobre, ha cancellato la precedente condanna inflitta in primo grado. Al centro del caso, come noto, c’è la vicenda relativa alla mancata acquisizione da parte della Sel della piccola centrale idroelettrica di Mezzaselva. Secondo l’accusa il consiglio di amministrazione della società sarebbe stato mal informato proprio per indurlo a non procedere all’acquisto dando via libera ad una società privata (la Stein an Stein Italia) che fece l’affare. Nel procedimento parallelo a carico di altri due imputati (Klaus Stocker e Franz Pircher) già concluso con sentenza definitiva di condanna, la Cassazione ritenne provato che la truffa ai danni della Sel vi fu. Nel processo con rito ordinario a carico dell’ex direttore Rainer (che scelse il rito ordinario e non abbreviato) la Corte d’appello ha annullato la sentenza di condanna di primo grado sostenendo, a sorpresa, che «il fatto non sussiste» rilevando che l’offerta di acquisto dell’impianto non fosse vincolante per la Sel. Di conseguenza la rinuncia all’affare non avrebbe provocato alcun danno alla società. Di qui l’insussistenza, secondo la Corte d’appello, del reato di truffa. Ad impugnare la sentenza in Cassazione non è stata solo la pubblica accusa ma anche la parte civile cioè la stessa Sel, rappresentata in giudizio dall’avvocato Giacomo Gualtieri di Milano secondo il quale non sarebbe giuridicamente corretto sostenere che non ci fu danno e che in assenza di un danno non vi possa essere neppure il reato. I ricorrenti ritengono che i giudici d’appello abbiano erroneamente applicato in sede penale principi valutativi propri del comparto civilistico. Al punto che sarebbe stata mal valutata anche la seconda imputazione (contestata in subordine) dell’abuso in atti d’ufficio. In questo caso la norma penale non richiede, per la configurazione del reato, un danno ma anche semplicemente solo un indebito “vantaggio patrimoniale” procurato a sè o ad altri. (ma.be.)

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