L'intervista

L’ex comandante dei vigili Sergio Ronchetti: «Il mio viaggio in bici ai confini del mondo»

Dopo 38 anni di servizio nella Polizia municipale e 22 da comandante, a dicembre 2021 ha lasciato per la sua seconda vita sulle due ruote: «Mi ha travolto la Patagonia, ci sono una miriade di ghiacciai che si affacciano lungo la strada che puoi toccare con mano, ero estasiato»

LA PENSIONE Bolzano, Sergio Ronchetti sostituito da Fabrizio Piras


Valeria Frangipane


BOLZANO. «Un viaggio di 45 giorni ai confini del mondo in Patagonia, tra Cile e Argentina, in sella alla mia "Gravel" dai copertoni rubusti. Felice compromesso tra la bici da corsa e la mountain bike. Insieme a me due amici. Ho toccato con mano luoghi che da ragazzino inseguivo sulla carta geografica. Lo stretto di Magellano, era un nome sul mappamondo. Esserci è stato emozionante». Sergio Ronchetti, dopo 38 anni di servizio nella Polizia municipale e 22 da comandante, a dicembre 2021 ha lasciato per la sua seconda vita.

«Ricordo il giorno in cui mi ha chiamato l'ufficio personale, "comandante, se vuole può andarsene con quota 100". Ho detto ditemi dove, firmo subito. Il lavoro mi è sempre piaciuto. All'inizio era dinamico, ero immerso nel rapporto con la città, andavo a vedere le problematiche, cercavo di risolverle. Col tempo si è trasformato. Passavo la giornata al computer, a fare il burocrate. E il lavoro così non mi interessava più. Avevo dato quel che potevo ed ho pensato che qualcos'altro mi stava aspettando».

Che cosa l'aspettava?
La libertà di avere tempo e di non dover contare i giorni.

Lei ha sempre amato la bici?
Sì per me è un amore di sempre, una gioia. Coniuga turismo e la voglia di muoversi in libertà. Piano. Sono un turista viaggiatore, uno con lo zaino in spalla, non sono un performer. Ho iniziato 35 anni fa, quando il turismo in bicicletta non esisteva. E da allora puntualmente, ogni anno, ho girato l'Italia e più di 20 Paesi europei in bici. Bellissime avventure. Paesaggi di una bellezza inenarrabile. Ho fatto la via Francigena da Canterbury a Santa Maria di Leuca, quando era percorsa da pochi. Caricavo le mie due ruote in aereo, in treno, me la portavo dietro in macchina. E poi via a visitare l'Europa e non solo... sempre con un gruppetto ben rodato di 5/6 persone. Amici da tempo immemore.

Ma perché sempre in bici?
Perché solo muovendoti lentamente cogli i dettagli dei panorami, cogli i profumi. E poi cambia il contatto con le persone.

Come è nata l'idea di un viaggio lungo la "Carretera Austral"?
L'idea è venuta prima del Covid e si è concretizzata solo poche settimane fa. Direi che era un sogno lanciato nel futuro. Si tratta di una delle strade più famose al mondo per i ciclisti - una sorta di multinazionale del pedale - abbiamo percorso 1.800 chilometri, più della metà sullo sterrato. È stato difficile. La mia "gravel" mi ha aiutato e non ho mai bucato. Mai avuto un problema meccanico. Non ci siamo limitati alla "Carretera" abbiamo percorso la Patagonia dal Cile all'Argentina fino alla Terra del Fuoco.

È filato tutto liscio?
Siamo partiti il 9 gennaio da Milano per Santiago ma 2 delle 3 bici sono arrivate dopo 4 giorni. Questione che ha provocato un ritardo nei nostri piani. Poi abbiamo volato verso Puerto Montt e da lì è iniziato il viaggio.

Cosa l'ha colpita di più?
L'infinità della natura. Mi ha travolto la Patagonia, ci sono una miriade di ghiacciai che si affacciano lungo la strada che puoi toccare con mano, che ci incombevano sopra. Ero estasiato. In Cile mi ha colpito la diversità del paesaggio che cambiava ripetutamente. Ho visto montagne dai tratti dolomitici, montagne più morbide. Abbiamo fatto trekking, escursioni. Ho fatto il turista in distese infinite. Cinquanta chilometri senza incontrare nessuno. Anche in Argentina paesaggi affascinanti e molto variabili. Poi gli animali. Leoni marini, pinguini, struzzi, cormorani, guanaco, cavalli, foche, balene ed una marea di cani randagi, nessuno aggressivo. Per evitare 400 km di pampa abbiamo raggiunto con il bus Ushuaia, la città alla fine del mondo, sul canale di Beagle. Lì finisce veramente tutto. Finiscono le strade, la civiltà. Sensazioni importanti, forti. Era bello pensare che a mille chilometri c'era l'Antartide, solo mare, isole, non eravamo lontani da Capo Horn.

Avete macinato centinaia di chilometri al giorno, come vi ha accolto la popolazione?
Abbiamo trovato persone di estrema gentilezza. I cileni, tutti sorridenti, hanno un rispetto per i ciclisti che rasenta quello degli svizzeri. Le strisce pedonali da loro sono sacrosante. Gli argentini sono più italiani. Ho trovato gente umile, ma non ho visto povertà. C'è molta attenzione per il territorio. In tutta la Patagonia al supermercato non si trovano sacchetti di plastica. Lungo le strade poche tracce di rifiuti gettati. Una lezione di civiltà che non mi aspettavo. La sera cercavamo alloggio presso "le cabanas" ma avevamo dietro anche la tenda. Ci è capitato di dormire da una famiglia cilena, ricordo gentilezza ed ospitalità. In Cile scorpacciate di salmoni e merluzzo. In Argentina carni deliziose ed a sud tanto pesce.

Un mondo diverso?
Si, per la predominanza della natura e le dimensioni. E poi i sorrisi mi hanno scaldato il cuore. Sono pronto a ripartire.













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