L'opportunità immigrazione

di Francesco Palermo


Francesco Palermo


Il processo di elaborazione della legge provinciale sull’immigrazione è finalmente in dirittura di arrivo. Si tratta di una tappa fondamentale sotto diversi profili e di un’occasione unica per incrementare la qualità dell’autonomia. L’immigrazione è un fenomeno globale, irreversibile, complesso, che presenta aspetti di rischio.
Ma anche grandi opportunità. E’ essenziale che sia governato, e che sia governato bene, al fine di minimizzare i rischi e massimizzare le opportunità. Da questo punto di vista è un bene che alle normative comunitarie e nazionali si aggiunga anche una disciplina provinciale: la complessità dei problemi da affrontare richiede più regolamentazione e non meno, e regole intelligenti.
Una legge provinciale sul punto è importante anche perché si tratta di uno dei primi casi di esercizio creativo dell’autonomia, e certamente di quello più significativo dalla riforma costituzionale del 2001. La materia dell’immigrazione è, infatti, di competenza esclusiva dello Stato. Per intervenire sul punto, la Provincia deve pertanto compiere un difficile slalom tra le competenze, utilizzando i propri poteri in altre materie funzionalmente collegate, dall’assistenza sociale al mercato del lavoro all’edilizia agevolata. Con la creatività istituzionale necessaria per un’autonomia forte e matura, è comunque possibile mettere in piedi un corpo normativo coerente, che non si sovrapponga alla normativa statale e comunitaria ma vada a disciplinare un ampio spettro di questioni che possono fare la differenza tra immigrazione come risorsa (quando si creano le condizioni per un’effettiva integrazione degli immigrati e per una contestuale preparazione della società che li accoglie) e immigrazione come problema (quando queste condizioni non ci sono, e si spinge l’immigrato in condizioni di illegalità e dunque di probabile delinquenza).
Se la futura legge provinciale assumerà la prospettiva del governo positivo del fenomeno, potrà creare le condizioni per un miglioramento della qualità della vita degli immigrati e, di conseguenza, anche della popolazione già residente. In questo contesto, l’integrazione linguistica è parte integrante della gestione positiva dell’immigrazione, e in un territorio bilingue è perfettamente legittimo, ed anzi è indispensabile, stabilire un obbligo di apprendimento di almeno una delle due lingue ufficiali della Provincia.
Tutto bene allora? Non completamente. Perché una legge coraggiosa, quale indubbiamente questa è, non dovrebbe perdere l’occasione di contribuire in modo determinante all’ammodernamento complessivo della società. L’immigrazione non è un fenomeno che riguarda solo gli immigrati. Riguarda anche - e forse ancora di più - la popolazione già residente, l’amministrazione nel suo complesso, la scuola, il mercato del lavoro, e molto altro. La legge non dovrebbe perdere l’occasione per gettare le basi di una nuova e complessiva “cittadinanza provinciale”, che consideri le identità come qualcosa di mobile e mutabile, nella prospettiva di una società multiculturale in cui ciascuno possa trovare lo spazio per conservare le proprie tradizioni ma anche per assimilarsi, se lo ritiene, senza doversi scontrare col muro di gomma della”presunzione di differenza” che le maggioranze tendono ad imporre a chi ha origini straniere. La legge sull’immigrazione può e deve gettare le basi della società del futuro. Il dibattito sulla “proprietà” degli stranieri da parte dei gruppi linguistici tradizionali, la lettura dell’immigrazione in ottica funzionale alla futura consistenza dei tre gruppi statutariamente riconosciuti, recentemente proposta dall’Obmann SVP Theiner, non è la prospettiva corretta per il governo positivo del fenomeno, ma una visione che guarda all’immigrazione con lenti distorte. E non può che produrre risultati distorti. Gli immigrati non possono ad esempio essere visti come “quarto gruppo”, in un’ottica indifferenziata che non ne valorizza né le differenze né il potenziale di integrazione. Su questo occorre sfruttare l’occasione data dal ricorso pendente davanti alla Corte di Giustizia sul cd.”sussidio casa”: al di là del caso di specie, è l’occasione per riflettere sull’approccio complessivo che vogliamo avere rispetto all’immigrazione.
L’immigrazione ci trasforma, piaccia o no, e leggerla fuori contesto o peggio nel contesto di categorie pensate con funzioni diverse da quelle necessarie per fornire una risposta a questa sfida rischia di farci chiudere gli occhi sul fenomeno e di farci quindi prendere solo gli aspetti negativi dello stesso, senza sfruttarne le opportunità. Su questi aspetti è da attendersi che la legge dia un contributo importante. Altrettanto da evitare è il rischio che questa legge si risolva in un mero esercizio minimalistico e burocratico. Non otterrebbe gli effetti necessari, e non varrebbe la pena rischiare un conflitto di competenze per qualcosa che serve a poco. Soprattutto, non cogliere ora l’occasione di iniziare a progettare la trasformazione della società dei prossimi decenni rischia di far perdere un’occasione preziosa. Basti vedere i risultati drammatici cui ha condotto in Italia la carenza di una reale politica sull’immigrazione: il fenomeno non si è fermato, anzi, ma ha finito per scoraggiare l’immigrazione più qualificata, ha prodotto molti clandestini ed ha creato il clima di diffidenza e di tensione attuale.
Ci si prenda, se necessario, un po’ di tempo in più. Ma si faccia una legge ambiziosa e coraggiosa. Non farlo oggi potrebbe costare caro domani.

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