SCUOLA

La Generazione Z tra fake news, web e giornali

Una “lezione” sulle fake news all'Itc Kunter di Bolzano: un serrato dialogo su vecchi e nuovi media tra un giornalista della "vecchia" carta stampata e gli studenti nati con lo smartphone



Bolzano. Doveva essere una “lezione” sulle fake news, si è trasformata invece in un serrato dialogo su vecchi e nuovi media, in cui il “professore per un giorno”, il caporedattore del nostro giornale Luca Fregona, ha approfondito con una classe di ragazzi e ragazze della Generazione Z (nati dopo l’anno Duemila), il rapporto tra carta stampata e informazione online, tra notizie verificate e bufale. Nei giorni scorsi, prima dello scoppio della guerra in Ucraina, Fregona è stato invitato dalla docente di italiano Katia Duregon ad un incontro con gli studenti e le studentesse della 3A Indirizzo sport dell’Itc in lingua tedesca Kunter di via Cadorna.

Dopo aver spiegato la struttura di un giornale, le fonti, la verifica delle notizie, e le regole deontologiche della professione giornalistica, Fregona ha posto alla classe una domanda diretta: «Voi come vi informate? Che strumenti utilizzate? Lo leggete un giornale vero? Un giornale di carta, intendo?».

La risposta è stata più articolata e meno scontata di quanto ci si possa aspettare dalla Generazione Z, poppata e cresciuta a colpi di algoritmi. Gli studenti hanno spiegato di utilizzare come strumento quasi esclusivo lo smartphone. «La nostra fonte principale d’informazione è stol.it, il portale del gruppo Athesia. Lo consultiamo tutti i giorni, più volte al giorno, per avere le notizie della nostra terra in tempo reale».

Hanno detto di leggere raramente un giornale cartaceo. Ma alla domanda: «Quanti di voi hanno in casa un quotidiano tradizionale?», tutti hanno alzato la mano. Il quotidiano di carta (il Dolomiten o l’Alto Adige nelle famiglie italiane e mistilingui), viene acquistato con regolarità dai genitori o dai nonni. Il giornale vecchio stampo è una presenza “familiare” e anche rassicurante. Sì, perché, hanno spiegato i ragazzi, “l’informazione online è troppo usa-e-getta”. Molto veloce, spesso caotica, contraddittoria, se non addirittura incomprensibile per la vastità delle fonti, specialmente sui grandi temi internazionali, etici o scientifici, come il covid.

«È tutto uguale. È difficile capire chi sta dicendo la verità e chi no». Per questo, se vogliono approfondire una notizia, preferiscono leggere il giornale di carta. «Più ordinato e chiaro. Più autorevole. E anche le notizie di cronaca: sul web sono poche righe, sul giornale del giorno dopo capiamo nei dettagli cosa è successo». La “carta” è più “solida” anche quando parla di cose che li riguardano in prima persona. «Per esempio, se vinco con la mia squadra di calcio o di hockey una partita - ha sottolineato uno studente -, un conto è una fotogallery online, di cui ci dimentichiamo un momento dopo averla vista; un altro, l’articolo su giornale che ritagliamo e magari attacchiamo sul muro o in bacheca. E resta lì per anni. Riempie molto più d’orgoglio di quattro righe sul web». Il discorso si è poi spostato sul covid e le bufale legate ai vaccini. Studenti e studentesse hanno chiesto come regolarsi rispetto alla montagna di informazioni che si trovano online. «Io faccio così - ha risposto Fregona -: seguo quotidianamente quattro o cinque testate nazionali e internazionali di indiscussa autorevolezza. Tra queste, anche un paio che hanno una visione politica diversa dalla mia, perché è importante avere una pluralità di punti di vista. Ma, oltre al web e ai giornali, leggete tanti libri, e su tanti argomenti diversi».

Fregona ha poi portato l’esperienza vissuta in redazione nei due anni più duri della pandemia: «Vedete, un giornale locale non è solo carta e inchiostro. È un punto di riferimento per la comunità a cui si rivolge: nei mesi terribili prima del vaccino, i nostri lettori e le nostre lettrici ci telefonavano per essere rassicurati, per avere informazioni di base, un mano per recuperare le introvabili mascherine o fare la spesa, ma anche solo per parlare nella solitudine del lockdown. Ricordo una signora anziana. Chiamò che era sera tardi, piangeva: le avevano portato via il marito in ambulanza, in rianimazione, gravissimo. Lei era sola, senza figli, isolata dagli amici, dai parenti. Non sapeva niente, se il marito fosse vivo o morto. Nessuno, nel caos di quei giorni, poteva starle accanto. Bé, per settimane, ogni giorno, qualcuno della redazione la chiamava per rincuorarla, per sentire come stava. Questa cosa qui lo smartphone non la fa».

 













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