La processione negata della Madonna Pellegrina

Nel 1950 le celebrazioni promosse dal Vaticano osteggiate per motivi etnici


di Orfeo Donatini


BOLZANO. La storia della Madonna Pellegrina e del «divieto» di accesso che subì per motivi etnici. Il nostro giornale ha raccontato anche questo.

Il ruolo della Chiesa nel corso del conflitto mondiale e dei regimi fascista e nazista in Alto Adige è stato molto delicato ed ha presentato dei risvolti ancor oggi all'attenzione degli storici per comprendere la reale portata di scelte difficili, quanto discutibili adottate, ad esempio in tema di opzioni, dal vescovo Johannes Geisler – formalmente ancora principe vescovo di Bressanone, e lo sarà fino al 1953 quando Pio XII abolirà ogni retaggio temporale nella Chiesa - in contrapposizione anche a quelle del suo collega di Trento Celestino Endrici, ancora competente per altro anche su Bolzano.

Oggi tuttavia non si vuole approfondire quel complesso capitolo, ma una circostanza molto più piccola e limitata, che illumina tuttavia uno squarcio sul clima sociale che si viveva in quei primi anni del Dopoguerra: siamo così nel 1950, quando per favorire una certa ripresa della partecipazione ai riti della Chiesa si promuovono le processioni con le statue della Madonna per le vie di città e paesi: la cosiddetta “Madonna Pellegrina” a simboleggiare il ritorno della pace e della fratellanza nelle contrade italiane, ma anche in molti altri Paesi europei a forte connotazione cattolica. La “direttiva” vaticana arrivò anche in Trentino e in Alto Adige Südtirol, ma qui ci furono subito difficoltà.

«Giunta la processione nella zona mistilingue», scrive il giornale Alto Adige, come riporta anche Ettore Frangipane nella sua cronistoria della “Bolzano scomparsa”, «sono sorte delle improvvise difficoltà. Non si sa come e perché, dove incominciava l'influenza del gruppo etnico di lingua tedesca, cominciarono anche le obiezzioni. A Salorno l'entusiasmo non fu eccessivo, ma le cose andarono discretamente. A Magré ci fu un poco di intiepidimento; ma già a Cortaccia, e cioè un tantino più a Nord, sorsero dei malintesi, e ad Egna, e cioè alla stessa latitudine, nacquero degli screzi. Ancora più su, e cioè ad Ora, si verificarono addirittura piccoli incidenti. A Caldaro ci fu la processione, ma la Madonna Pellegrina non andò più in là. Qualcuno sussurrò che il Verbo Cristiano, pronunciato in lingua italiana, non fosse gradito ad alcuni dirigenti della Svp. Né a Laives, né a Bolzano ci fu pellegrinaggio di Maria. Fece eccezione la val Gardena, dove in giorni consecutivi fu portata in processione un'immagine locale della Vergine. Nulla nella diocesi di Bressanone».

Fin qui la situazione fino alla primavera del 1950. Poi, improvvisamente la svolta positiva e la caduta del veto. Già il 18 maggio di quello stesso anno l'Alto Adige riporta la notizia: «La Madonna Pellegrina trionfalmente accolta ad Oltrisarco: autorità e folla all'arrivo della statua venerata che è stata esposta nella chiesa locale, dove sono iniziati turni di adorazione». Siamo nel mese mariano e gli animi si sono forse calmati, ma soprattutto il clero deve aver compreso che sarebbe stato decisamente meglio che ognuno in questa terra plurilingue potesse far riferimento ad un prete ed a preghiere nella propria madrelingua. Il 24 maggio poi la statua raggiungerà la parrocchia di don Bosco con una processione molto partecipata. E il 30 maggio arriverà infine a Gries.Tutto bene, dunque. Ma per la Chiesa sudtirolese la strada sarebbe stata ancora assai ardua e difficile. Solo il 6 luglio del 1964, in forza della bolla “Quo aptius christiani” di papa Paolo VI, le parti altoatesine dell'arcidiocesi di Trento vennero infatti aggregate alla diocesi di Bressanone, che assunse così il nome di Bolzano-Bressanone. E preziosa quanto esemplare fu per la convivenza fra i diversi gruppi linguistici l'opera meticolosa e paziente del vescovo Joseph Gargitter prima (fino al 1986) e di Wilhelm Egger poi (fino alla sua improvvisa morte del 2008).

Prima con Karl Golser ed ora con il vescovo Ivo Muser la Chiesa dell’Alto Adige è fortemente impegnata per un costante dialogo ed una pacifica convivenza e accoglienza anche verso quei sempre più numerosi gruppi di profughi extracomunitari in fuga da miseria e guerre. Ed il recente Sinodo, sorprendente nei suoi risultati, ha dimostrato tutti i grandi passi compiuti con una maturità, che oggi consente al vescovo Muser di lanciare sempre nuove e più impegnative sfide per i cattolici di questa terra.

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