La Svp e i rischi del 2010


Sergio Baraldi


Il 2010 sarà un anno di sfide per l’Alto Adige. E non solo per le elezioni comunali di Bolzano, ma perché vengono in primo piano nodi strutturali della società altoatesina. Sono sfide che chiamano tutti a un confronto, ma al centro della scena c’è la Svp, il partito sistema. Vorrei proporre alcune riflessioni ai lettori, che si offrono come contributo alla discussione di chi è venuto da poco a dirigere il giornale con la passione professionale di ascoltare e comprendere un quadro politico e sociale complesso. Alcuni autorevoli commentatori dell’ “Alto Adige” hanno messo in evidenza come le scelte recenti della Svp, quella sui toponimi e sulla “tutela” dell’Austria, siano il risultato di un tentativo del partito di raccolta di coprirsi sul fianco destro dello schieramento politico, dove alle elezioni amministrative del 2008 ha subito una significativa emorragia. E’ un’analisi convincente: per la prima volta, è sorta una destra radicale che è andata a recuperare consenso sullo stesso terreno della Svp, riutilizzando le sue tradizionali parole d’ordine, resuscitando l’idea del “nemico”, accusando apertamente il grande partito di essersi trasformato in una casta che utilizza con spregiudicatezza potere e risorse. La Svp è scesa al 48,1%, mentre è emersa una destra radicale che supera il 21,4%. Il paesaggio elettorale dell’Alto Adige è cambiato: il baricentro politico della popolazione di lingua tedesca si è spostato a destra, oltrepassando in parte il suo storico riferimento. Non è detto che le cose stiano così, ma la Svp sembra dovere fare i conti con una perdita d’inclusività dell’intero spettro dal centrosinistra alla destra. Ma quello che più vale la pena sottolineare è che la frattura del monopolio è avvenuta su un terreno che, forse, ha sorpreso: quello di una politica etnica, identitaria, che una volta si specchiava nella Svp. E’ stata l’affiorare di un inconscio collettivo in cui una serie di pulsioni fondamentali della comunità tedesca si sono trasformate in politica, prima fra tutte la difesa del “noi” dal “loro”, dominata dalla paura di una comunità che si sente minacciata nella sua integrità, forse dall’immigrazione ma non solo. Nell’urna sembra depositata da una parte dell’elettorato tedesco una rivendicazione di protezione da una potenziale minaccia esterna, dal timore di perdere la condivisione di sentimenti di appartenenza comuni. Rimarco questo passaggio per riflettere su un dato: la Svp non è stata colpita dall’alto, ma dal basso. La comunità psicologica è entrata in conflitto con quella sociale. Si capisce, quindi, che la Svp si spenda con proposte per coprirsi su quel fianco e avviare un recupero del voto sfuggito, di conseguenza sia tentata di inseguire le formazioni più conservatrici sul loro terreno che era il suo terreno. Quest’analisi ha un pregio e un difetto: il pregio di rendere trasparente le mosse della Svp sul piano tattico, ma ha il difetto di non rendere visibile un elemento meno immediato, meno emozionale, ma strutturale. A mio avviso (ma mi farebbe piacere conoscere altre opinioni), la Svp rischia di fare i conti con una crisi strategica. Forse è questo il rimosso della politica attuale del partito di raccolta. In questa prospettiva, la risposta identitaria della Svp più che un segno di forza ritrovata, come forse vorrebbe il presidente Durnwalder, può essere letta come l’indicatore di un’asfissia strategica che incombe. Qual è l’interesse della società altoatesina e della comunità italiana di fronte a questa possibilità? A mio avviso, che la Svp riesca a affrontarla e risolverla. Sia la comunità italiana sia la società hanno bisogno di un interlocutore tedesco autorevole, moderato, non il contrario. Ma il pensiero strategico è la visione del futuro e dei mezzi per realizzarlo capace di orientare l’intera società. Esso è il software della leadership. Il punto mi sembra questo: attaccata dal basso, dal fondo pulsionale che curva la politica ai suoi istinti, la Svp si chiede se il quadro storico nel quale agisce oggi le consente di raccogliere bisogni e interessi inediti? Può affrontare il cambiamento, dettato da forze che sfuggono al nostro controllo - l’allargamento dell’Europa e la mondializzazione dell’economia - con il timore di sgretolare la sua base rurale? La Svp sembra subire le conseguenze del suo stesso successo, ma sia il principale partito del sistema sia gli altri dovrebbero chiedersi se questo arretramento non prepari la fine di quel successo e dell’emergenza storica su cui è fondato. L’incertezza che si avverte rivela che per la popolazione tedesca il problema può diventare il progetto che essa si è data finora e nel quale si è riconosciuta. Piaccia o meno, la Svp rappresenta l’istituzione unificante. Se il malessere la contagia, la “patria” non è in pericolo, ma la funzione di guida s’indebolisce. Questa mi sembra la contraddizione: da una parte la Svp deve rassicurare e recuperare le paure liberate dal tempo attuale, dall’altra la partita più complessa da vincere è la capacità di ricollocare l’Alto Adige all’interno delle sfide della modernità. Accenno ad alcune questioni. Sono sicuri i dirigenti della Svp che la replica alle trasformazioni che incombono su di noi sia puntare le carte migliori solo sul pubblico, quindi sulla politica, invece che su una visione più liberale? Sono sicuri che l’idea di autonomia, progetto vincente di questi anni, debba essere declinata così come è stata finora, e non reinterpretata in modo nuovo? Si può volere il federalismo “da” Roma, come ha scritto il nostro Campostrini, e poi non essere federalisti con se stessi? Può un territorio non avere una “capitale” come Bolzano alla quale non si riconosce la giusta autonomia? E il ruolo dell’ambiente va letto solo in chiave di “freno” o come compatibilità? La Svp non sembra volere ammettere il pericolo della sua fragilità strategica che la espone, invece che ripararla, dalla competizione. E noi italiani? Anche noi abbiamo il problema della frantumazione interna, di spinte identitarie uguali e contrarie a quelle radicali tedesche. Anche gli italiani devono rappresentare e neutralizzare le ansie comunitarie, indirizzandole in un quadro che non metta in discussione il dialogo e la convivenza raggiunti per quanto incompiuti. Forse è il momento di compiere un passo avanti: uscire dalla legittima rivendicazione per avanzare una proposta sul futuro. Nel momento in cui la Svp fatica a elaborare una nuova sintesi, alla parte italiana si apre uno spazio per avanzare un’agenda per la modernizzazione che instauri un equilibrio meno asimmetrico tra italiani e tedeschi e delinei risposte nuove a un contesto storico nuovo. Chi vuole pensare un progetto per lo sviluppo sostenibile da discutere con la popolazione tedesca? Le elezioni di Bolzano possono segnare per le forze politiche italiane il banco di prova per candidarsi a una leadership ascoltata, che superi i limiti dei rapporti di forza demografici. Ma per gli attori principali della scena, la partita forse si gioca proprio nella capacità di non lasciarsi rinchiudere solo dentro i confini della politica identitaria, ma nella capacità di elaborare, in modo innovativo, il nesso tra locale, nazionale e internazionale. Piedi e cuore sul territorio, testa nel mondo. Auguri a tutti.













Altre notizie

Attualità