Le famiglie sfrattate per il Museo di Scienze

La Provincia acquisì il palazzo di via Bottai nel 1976, ma aprì solo nel 1997


di Fabio Zamboni


BOLZANO. Quello che oggi è una delle attrazioni culturali della città, ovvero il Museo di Scienze naturali, nell’agosto del 1985 era soltanto un’idea. O, meglio, un progetto che si concretizzò negli anni successivi.

Nel nostro viaggio settimanale a ritroso, fra le notizie più interessanti e curiose che hanno segnato i settant’anni di storia dell’Alto Adige, ci siamo imbattuti in questo titolo che il 18 agosto apriva pagina 5 della Cronaca di Bolzano con un bello spazio a cinque colonne: «In un palazzo cinquecentesco / il museo di scienze naturali».

«Forse in primavera il via ai lavori nell’Amthaus costruito nel 1512», annunciava il sommario dell’articolo, firmato – ed ecco il valore aggiunto della notizia, sotto forma di commozione per l’amico-collega scomparso lo scorso anno – da Angelo Agostini. Figlio di Piero, uno dei più autorevoli giornalisti espressi dalla nostra regione, già nostro collaboratore e poi massmediologo apprezzato a livello internazionale, in quell’estate dell’85 Angelo poco più che ventenne firmava questo articolo che iniziava così: «Probabilmente padre Viktor covava l’idea già da tempo. Tuttavia il primo passo ufficiale non fu suo. Fu di Egisto Bragaglia, allora assessore socialdemocratico al Comune di Bolzano, e venne compiuto proprio su queste pagine».

Come dire che fu proprio il nostro giornale a lanciare l’idea di un museo delle scienze, con l’obiettivo iniziale di valorizzare la collezione che Georg Gasser aveva allestito dentro il convento dei Francescani. L’idea fu lanciata sul giornale nel 1962, ricorda Agostini: «Lì per lì - scrive – l’idea ebbe successo. Ne parlarono un po’ tutti, ma come spesso accade non se ne fece poi nulla. Ma il lavoro ostinato di padre Viktor riuscì ad assicurare alla Provincia la collezione conservata nella sede dei Francescani. Tre anni dopo, nel 1975, con il Pacchetto la Provincia riuscì ad acquisire dallo Stato l’Amthaus. Era la sede ideale, si disse, per fare il museo».

Agostini offre poi dettagli sull’edificio destinato a vedere nascere e crescere il museo: era ed è l’imponente palazzo cinquecentesco all’angolo fra via Bottai e via Hofer, in pieno centro storico. «L’Amthaus – scrive Agostini – venne eretta nel 1512 per ordine di Massimiliano d’Austria. Fu sede di importanti edifici pubblici, fra i quali anche il tribunale distrettuale, ed è un magnifico palazzo con suggestivi soffitti a volta retti da possenti colonne».

E qui l’articolo racconta gli ostacoli incontrati per trasformare la casa in museo: «Bisognava fare i conti con le dodici famiglie che abitavano l’edificio. Il 4 febbraio 1976 – racconta Agostini nel 1985 – le famiglie ricevono lo sfratto. È firmato da Magnago».

Ma fu impossibile sfrattare dodici famiglie nei tre mesi imposti. E infatti, precisar l’articolo, padre Welponer dei Francescani “deve tenere nel cassetto il progetto elaborato dodici anni prima assieme all’allora sovrintendente alle Belle arti Wolfsgruber”. A raccontare questa storia al giornalista è l’architetto March, dell’assessorato ai Lavori pubblici della Provincia: “L’ostacolo, spiega l’architetto, sta nel fatto che l’edificio secondo il piano urbanistico del Comune è destinato ad abitazione”. Ma di lì a poco la Provincia trovò e impose la soluzione, modificando d’ufficio la destinazione in accordo col Comune: l’Amthaus diviene “zona per attrezzature pubbliche di interesse provinciale”. E le famiglie che abitavano il prestigioso palazzo rinascimentale trovarono un accordo con l’ente pubblico e lasciarono una alla volta l’edificio destinato al museo naturalistico. Superato il primo ostacolo, il percorso fu lento ma in discesa: il progetto esecutivo fu approvato nel 1989, di lì a poco iniziarono i lavori di risanamento del palazzo e finalmente nel marzo del 1997 il museo venne inaugurato con una mostra temporanea. Due anni più tardi erano pronti i locali destinati all’esposizione permanente. Cresciuto un po’ alla volta, pur senza i numeri clamorosi di Ötzi, il Museo di scienze naturali dell’Alto Adige è diventato un sicuro punto di riferimento nel pacchetto culturale bolzanino, una meta obbligata nella popolare Notte dei Musei. Al punto che la scorsa primavera ha potuto premiare il suo milionesimo visitatore.













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