Libro e mostra su Corso Libertà, tra storia e futuro 

L’iniziativa. “Lavori in corso” sarà inaugurata oggi in piazza Vittoria 45 Organizza La fabbrica del tempo. Si cercano idee per valorizzare la zona


PAOLO CAMPOSTRINI


Bolzano. Corso Libertà è dentro un'idea: che sia nato tutto insieme negli anni Trenta. In realtà è molto più giovane. Perché l'80% di quello che oggi vediamo scorrere da piazza Vittoria a Gries sorge tra gli anni '50 e i '60. L'asse tracciato nell'allora campagna da Piacentini per congiungere borgo e centro storico è littorio, piacentiniano e imperiale ma quasi tutto il resto è repubblicano. Qui non c'entra la politica, c'entra la città e i suoi abitanti. Sta a significare che il corso non è (solo) un monumento ma è vita urbana pienamente integrata nei nostri giorni. «Volevamo accendere le luci sul Corso», dice Tiziano Rosani. «E raccontarlo per quello che è stato nella realtà, non solo nell'idea che tanti abbiamo di lui», aggiunge Hannes Obermair. Il primo è il presidente della Fabbrica del Tempo, il secondo uno storico. Insieme hanno messo in piedi una mostra ("Lavori in Corso", inaugurazione oggi alle 19 nel negozio dismesso al civico 45 di piazza Vittoria a fianco, appunto, del bar Corso) e assemblato un libro (presentato sempre oggi, ma alle 18, alla biblioteca civica) in cui la questione è vista con un occhio al passato ma soprattutto al presente.

Il futuro

E raccontare che c'è una vita, anche futura, che va oltre la fissità del razionalismo. Il quale ha spesso - nel mentre lo valorizzava - bloccato corso Libertà, quasi impedendogli una possibile flessibilità di impiego rispetto alle reali esigenze di chi vi abita e lavora e anche dei bolzanini tout court. In sostanza: quando un'eredità è pesante, gli eredi a volte non ce la fanno a sorreggerla rinnovandola. Ad esempio: pensiamo che corso Libertà sia in crisi. Non è proprio così. «Se guardiamo a tanti negozi che crediamo chiusi solo perché le cose lì non vanno - osserva Rosani - in realtà non vanno avanti per le più diverse ragioni. Molti, perché non c'è stato ricambio generazionale». I vecchi proprietari, che avevano avuto successo nel primo o secondo dopoguerra, non hanno avuto eredi con lo stesso entusiasmo. E poi il mercato. Questo fa capire tante cose. Dunque: Bolzano ne ha due, "il " mercato di corso Libertà e "il" Mercatino. Uno nel centro nuovo, l'altro in quello antico. Troviamo le differenze, al di là di quelle visibili e delle luci della piazza? Ebbene, uno, quello del corso, è pienamente bolzanino, l'altro no. È quasi solo turistico. Uno si espande tra piazzette e vie, l'altro sta fermo sotto il Walther. Il primo è frequentato da tutti noi, l'altro da tutti loro. «Ecco da dove ripartire - osserva Hannes Obermair - dal fatto che corso Libertà ha una vita intensa e non solo legata alla sua storia. Si può ripartire dal fatto che i bolzanini lo amano quasi senza saperlo». Perché lo ritengono uno di famiglia e allora si rischia di non farci troppa attenzione. Ma provate a toglierlo. E poi il nome. E che nome: «Quei luoghi hanno fatto fatica a liberarsi dal peso del passato - aggiunge lo storico - dall'austerità dell' aspetto, dalla bellezza statica dei suoi palazzi monumentali e anche dalla sua bellezza. Ma guardiamo al nome: si chiama "della Libertà". Un nome bellissimo. Gli è stato dato subito dopo la guerra e significa anche Liberazione".

A pensarci è stata la prima storicizzazione della Bolzano littoria. Per meglio dire: la prima risemantizzazione. Ben prima del 2014, quando è stato compiuto l'intervento sotto il Monumento, prima del 2017, anno della creazione della scritta sopra il duce a cavallo in piazza Tribunale e prima di quest'anno, in cui è stato monumentalizzato il Muro del lager. Insomma, corso Libertà è tanto. È nato come la spina dorsale della città nuova, quella che rispondeva al disegno della Bolzano italiana. La quale aveva i suoi quartieri nobili in corso Italia, quelli impiegatizi e operai oltre via Roma ma il suo centro, sorto in contrapposizione a quello gotico oltre il Talvera, era proprio lì, sul Corso. Che si chiamava IX Maggio. E che, per costruirlo, Piacentini e i suoi urbanisti decisero di abbattere tutte le vecchie case che sorgevano, come un vasto gregge, lì intorno. Si stava tracciando l'asse imperiale che avrebbe mostrato il Rosengarten da piazza Gries, quasi, mutatis mutandis, in linea con quello che stava accadendo negli stessi anni a Roma con via della Conciliazione e la demolizione del Borgo Pio.

Le cartoline

«C'è un'idea libertaria e plurale in quel corso - dice ancora Obermair - sulla quale non ci fermiamo quasi più. È una strada aperta e grande, piena di gente e di cose. Pensiamo alla parte ristorativa che ha trovato proprio lì una sua identità molto riconoscibile». È tutto questo che sta alla base dell'idea della Fabbrica del Tempo, una associazione culturale molto impegnata nella stesura di ricerche sulla nostra eredità storica, soprattutto legata alla presenza italiana dopo il 1918 e alla possibilità di un suo rilancio in alternativa ad un passato troppo ingombrante. Da qui lo schema: accendere le luci sul corso raccontando cosa è stato in realtà e cosa ora potrebbe di nuovo diventare. «Uno dei focus della mostra - annuncia Rosani - saranno le cartoline: ci si potranno scrivere le proposte di ognuno rispetto al futuro del corso. Cosa fare, quali iniziative prendere, come rivitalizzarlo. La sensazione è che non ci sia un'idea univoca, ma tante. E mettendo insieme le molte si può magari immaginare un nuovo inizio».

Anche perché, lungo quell'asse, tanto cambierà presto: il nuovo garage in piazza Vittoria, il possibile polo bibliotecario, la prospettiva di fare del corso una via a traffico limitato. In conclusione: i lavori in corso sul Corso sono appena iniziati.















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