Lo dice pure l’Istat: siamo la città più cara d’Italia 

Andreaus: «Gli hard discount permettono un risparmio sulla spesa della metà» Buonerba (Cisl): «In Alto Adige aumentano le diseguaglianze tra ricchi e poveri»



BOLZANO. Secondo i dati Istat sull'inflazione diffusi ieri, Bolzano è la città più cara d’Italia. Per una coppia con due figli, la famiglia classica, ha avuto nel 2017 una maggior spesa di 895 euro. Nel resto d’Italia la media è di 347 euro. In una nota Massimiliano Dona, presidente dell'Unione Nazionale Consumatori, precisa come «la città più cara, in termini di maggior spesa, si conferma Bolzano, con il picco dell'inflazione all’1,6%. Al secondo posto Venezia, dove il rialzo dei prezzi è dell'1,3% (+608 euro) e, terza Genova, dove l'inflazione è dell'1,3% (+582 euro). La regione più costosa resta ancora una volta il Trentino Alto Adige, dove l'inflazione dell'1,2% significa, per una famiglia tipo, una batosta di 649 euro su base annua».

Walther Andreaus, direttore del Ctcu - il Centro tutela consumatori di via Dodiciville - dice che per Bolzano non è una novità essere la più cara d’Italia.

«Le ragioni le conosciamo: immobili ed affitti alle stelle, struttura distributiva costosa, potere d'acquisto forte da parte della clientela residente e forte per via del turismo. In estrema sintesi siamo un motore economico che gira e crea inflazione. Il mercato diventa sempre più complesso, quindi anche gli utenti devono affinare le pratiche d'acquisto. Stando attenti ai cambi - anche dinamici - dei prezzi. Però il consumatore deve essere disposto a investire del tempo nel confronto non tralasciando le promozioni. Questo vale per l'alimentare e non. Gli esperti - continua Andreaus - hanno calcolato che una famiglia con due figli in Alto Adige spende circa 9.000 euro l'anno nella grande e media distribuzione, se sfruttasse al massimo tutte le opportunità potrebbe tagliare anche del 50%. Per la coppia senza figli alla quale la spesa annuale costa quasi 7.000 euro e per i single - oltre 4.000 euro - vale lo stesso discorso. Per ottenere il massimo del risparmio bisogna in primo luogo sposare la filosofia dell'hard discount. Meno risparmio si ottiene attingendo alle "marche commerciali", cioè quei prodotti con la stessa etichetta del supermercato. Insomma una spesa accurata per prezzo e qualità, magari attenta anche all'etica, è l'elemento principale per difendere il proprio potere d'acquisto». Bolzano più cara d’Italia perchè accade?

Michele Buonerba - segretario Cisl - dice che la casa pesa tantissimo. «A Bolzano sia l’acquisto che l’affitto hanno prezzi simili a quelli di Milano. Questo impatta sui ricarichi di chi fa commercio al dettaglio e quindi sul costo dei prodotti in disponibilità del consumatore. In secondo luogo in Alto Adige abbiamo oltre 7 milioni di turisti e 31,7 milioni di pernottamenti a fronte di una popolazione di poco superiore alle 500.000 unità (dati Astat 2016). Una presenza così importante determina un valore aggiunto all’economia locale, ma genera anche una pressione sui prezzi a causa della maggiore capacità di spesa della “popolazione importata” che genera uno squilibrio nel rapporto tra domanda e offerta. Inoltre, la recente diffusione dei B&B, da un lato aumenta la capacità ricettiva del territorio, ma dall’altro riduce gli immobili disponibili sul mercato dell’affitto generando un ulteriore aumento di prezzi a causa di un eccesso di domanda ed una scarsità di offerta. Consideriamo che siamo un territorio che importa anche molta manodopera a basso valore aggiunto nei servizi, nell’edilizia e nell’agricoltura (nel turismo l’alloggio è offerto dal datore di lavoro)».

E quali sono le conseguenze?

«L’aumento delle disuguaglianze... ormai avere un lavoro non basta più per stare bene. Una parte della popolazione migliora costantemente la sua condizione di reddito e patrimonio, mentre una parte sempre maggiore sta scivolando verso la povertà relativa e purtroppo anche assoluta. Nel primo caso siamo al 17,1 % della popolazione al quale si aggiunge un preoccupante 13,7% di persone che si trovano nella seconda fattispecie. Entrambi i valori registrano una crescita costante di anno in anno. I redditi reali sono in calo costante tranne che nell’industria e nell’artigianato (Astat 2017). I contratti collettivi nazionali di lavoro si rinnovano con scadenze sempre più lunghe, ma per le dinamiche salariali prendono a riferimento l’inflazione nazionale che negli ultimi anni è stata addirittura deflazione. Negli appalti le imprese possono applicare il contratto che preferiscono a causa di alcune sentenze dei tribunali amministrativi che hanno sancito questo principio a partire dal 2015. Grazie a queste sentenze dal 2015 ad oggi i contratti nazionali di lavoro registrati al CNEL sono raddoppiati e quelli nuovi, firmati da soggetti non rappresentativi, stanno riducendo le retribuzioni anche del 30%. Infine il lavoro precario - continua Buonerba - sta dilagando grazie al Jobs act che eliminato il contratto a tempo indeterminato con tutele reali, ha eliminato la causalità per il contratto a termine, ha reso il lavoro saltuario libero (oggi i “presto” ma prima erano i voucher) e ha liberalizzato il lavoro a chiamata. Questo genere di contratti sono molto frequenti nei servizi a basso valore aggiunto che in Alto Adige è il settore prevalente e in continua crescita di occupati».

Cosa si potrebbe fare?

«Si dovrebbe sviluppare una contrattazione collettiva territoriale per redistribuire il maggior reddito prodotto. Su questo la maggioranza delle associazioni economiche però non sono disponibili. Poi andrebbe fatto un intervento antesignano in relazione all’urbanistica e all’edilizia abitativa agevolata. Ma siamo solo all’inizio»













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