Il caso

Manal, risarcimenti bloccati 12 anni dopo la tragedia 

La disgrazia a scuola. La Provincia impugna la sentenza d’appello, il caso ora in Cassazione. Contestata la sentenza che riconosce alla famiglia un milione di euro per presunte responsabilità



BOLZANO. Non è ancora conclusa la vicenda giudiziaria legata alla tragedia di Manal Benhaddou, la bimba di sette anni vittima di un incidente avvenuto nel cortile della scuola elementare «Martin Luther King» di Bolzano la mattina del 29 ottobre 2009.

A 12 anni dai fatti la famiglia della piccola non ha ancora ottenuto un solo centesimo di risarcimento. In questi giorni la Provincia autonoma di Bolzano ha depositato ricorso in Cassazione impugnando la sentenza della Corte d’appello (sezione civile) che aveva condannato la scuola e l’amministrazione provinciale a risarcire in solido un milione di euro. In primo grado il risarcimento in solido era stato deciso anche a carico dell’insegnante la cui presunta responsabilità in sede civile in appello fu invece esclusa.

Come si ricorderà, la bimba si scontrò accidentalmente con un’altra alunna, battendo violentemente il capo contro quello della compagna. Poco dopo, rientrando in classe, Manal si sentì male e vomitò.

I genitori della bimba furono avvisati che Manal non stava bene, ma non fu detto loro dello scontro avuto poco prima con la compagna. Riportata a casa dal padre, la bimba peggiorò vistosamente e venne trasportata in ospedale, dove fu subito operata alla testa per cercare di limitare i danni di un’emorragia cerebrale. Era però trascorso troppo tempo e, nonostante l’intervento chirurgico, Manal morì dopo alcuni giorni di coma.

Nel corso del procedimento penale, il perito (un neurochirurgo) nominato dal tribunale aveva evidenziato che la bambina non avrebbe manifestato «segni neurologici che potessero far scattare l’allarme», concludendo che la morte della piccola sarebbe stata da imputare ad una «tragica fatalità senza precise responsabilità». Perizia, questa, che porto all’archiviazione del fascicolo.

Il processo civile si è invece sviluppato in maniera assai diversa ed in primo grado il tribunale riconobbe la responsabilità dell'insegnante, della scuola e della Provincia del decesso della bambina «per inadeguatezza del soccorso prestato e quindi per intempestivo ricovero presso l'ospedale di Bolzano».

I tre convenuti furono condannati al pagamento in solido, tra loro, di un milione di euro a titolo di risarcimento. In secondo grado, però, la Corte d’appello cancellò ipotesi di responsabilità civilistiche della maestra per effetto della normativa statale e di quella provinciale che escludono che gli insegnanti possano essere convenuti da terzi in cause riguardanti risarcimenti danni, in quanto privi di «legittimazione passiva».

Il ricorso in Cassazione promosso dall’amministrazione provinciale rispetta questo principio e dunque non rimette in gioco la posizione dell’insegnante che anzi, dai famigliari della vittima, dovrebbe ottenere il rimborso delle spese di giudizio. La Provincia spera però di rimettere in discussione la ricostruzione delle presunte condotte omissive e di sottovalutazione, in fase di soccorso, che portarono alla tragedia. MA.BE.













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