Mary Poppins esiste E vive ai Piani

Silvia Costanza Filidor in 20 anni ha avuto quasi 100 bambini in affido Una super tata che interviene quando i genitori sono in difficoltà


di Luca Fregona


BOLZANO. Non è lei ad apparire all’improvviso nelle case dei bambini, ma sono i bambini ad “atterrare” a casa sua. Mary Poppins esiste davvero. Vive a Bolzano in una casa ai Piani, a pochi passi dal Cineplexx. Il suo nome è Silvia Costanza Filidor. Come Mary Poppins dispensa merende, lo “zucchero con la pillola”, meravigliose avventure e consigli di buona educazione. Riempie d’affetto e attenzioni il buco nero che ha inghiottito bambine e bambini che non hanno genitori in grado di badare a loro. Lei li coccola, li segue fino quando mamma e papà non “tornano sulla terra”, e la famiglia - finalmente - si può ricomporre. «Ma - dice -: attenzione: io non sono il surrogato di una mamma. Non mi sostituisco ai genitori. Sono piuttosto una zia buona, una nonna. Insomma, una tata che serve per il tempo necessario». Una SUPER SUPER tata. In 20 anni Silvia, aiutata dal marito Roberto («senza di lui non ce l’avrei mai fatta»), ha ospitato decine di bambini e bambine. Novantotto per la precisione (compresi alcuni adolescenti arrivati negli anni a Bolzano grazie all’associazione Cernobyl). Si chiama “affido temporaneo”: è un provvedimento di accoglienza per minori dai zero ai 17 anni le cui famiglie si trovano in una situazione di “momentanea difficoltà”. A volte lo dispone il giudice, altre le assistenti sociali d’accordo coi genitori, e altre ancora lo chiedono direttamente le mamme. «L’obiettivo - spiega Shalini Durante del Centro affidi Assb di Bolzano che da anni collabora con Silvia - è quello di far rientrare i bambini nelle loro famiglie d’origine una volta che i genitori hanno risolto i loro problemi». L’affido può essere di poche ore al giorno, oppure a tempo pieno H24. Può durare poche settimane, o addirittura mesi, o anni. «Fino a quando è necessario», ripete Silvia. Sono le assistenti sociali del Centro Affidi a decidere caso per caso, tempi, modi e qual è il genitore affidatario giusto. Possono essere “affidatari” le famiglie con o senza figli, ma anche coppie non sposate, single, persone di ogni età, che rispondano ad alcuni requisiti, verificati dai Servizi. «In alcuni casi - spiega Durante -, per il bene del bambino, è meglio la sistemazione in una famiglia tradizionale. In altri, è più efficace che sia un single, che possa dedicarsi completamente a lui». Il problema è che di fronte ad un aumento esponenziale di minori che hanno bisogno di aiuto, sono sempre meno le persone che si rendono disponibili per l’affido. Certo, l’impegno è notevole. Richiede tempo e volontà. Ma se non si trova un genitore affidatario, vengono accompagnati nelle comunità, dove l’attenzione loro riservata non è certo paragonabile a quella che troverebbero in una famiglia.

LA SCELTA DI SILVIA. Silvia ha iniziato 20 anni fa, dopo aver avuto il primo figlio, Alessio. «Per un problema durante il parto - racconta -, i medici mi dissero che non avrei potuto averne altri. Ma noi volevamo una grande famiglia. Era sempre stato il nostro desiderio...». Per stare dietro ad Alessio, Silvia si licenza. «Dissi a mio marito: perché non ci occupiamo anche di altri bambini? E così abbiamo iniziato». Silvia si mette in contatto con i servizi sociali, che dopo i controlli di rito, le affidano una «bellissima bambina bionda di otto mesi». La chiameremo Carla. «All’inizio doveva stare con me solo due ore al giorno». Un pomeriggio però la mamma di Carla, che stava combattendo contro un grave problema di alcolismo, non passa a prenderla. Si dimentica completamente di lei. L’assistente sociale chiede a Silvia se può tenere la bimba anche di notte. «Svuotai un cassettone - racconta con la voce ancora rotta dall’emozione -. Ci infilai trapuntini e cuscini. Creai una culla di fortuna per la mia “principessa”. Perché da allora la chiamai così: “la mia principessa”». Carla rimarrà con Silvia e la sua famiglia per due anni. Insieme ad Alessio impara a camminare, a dire le prime parole, a giocare, a usare il cucchiaio e il bavaglino. Ma la mamma di Carla non riesce a battere i demoni dentro di lei, e il giudice decide per l’adozione definitiva. Carla sparisce così anche dalla vita di Silvia. Con l’adozione, infatti, tutti i dati vengono secretati. «Oggi ha 20 anni - dice con un velo di tristezza -. La immagino come una bella ragazza, che ha trovato la serenità che merita. Di tutti i bimbi che ho avuto in casa, è l’unica di cui non so più niente, che non ho più rivisto». Sì, perché tutti gli altri non dimenticano mai la loro Mary Poppins, anche anni dopo l’esperienza dell’affido. «Tutti quelli che hanno condiviso con noi un pezzetto di vita, piccolo o grande che sia, passano sempre a trovarmi». Suonano al campanello della grande casa ai Piani, o la chiamano dalla strada. «O mi uazzappano. Poi vengono su per una fetta di torta, una merenda, o solo per fare due chiacchiere. E ogni volta mi commuovo e mi emoziono...». Silvia ha un dono. Si vede da come le brillano gli occhi quando parla dei “suoi” ragazzi. «Ho sempre voluto questa vita. Perché? Uso le parole di Maria Montessori: “I bambini sono la parte più bella dell’umanità”». La sua è una famiglia super-allargata che abbraccia tante storie, sentimenti, drammi, ma anche riscatto e redenzione. La sua casa è come l’Albero della vita di Avatar, dove ogni angolo, ogni muro, ogni oggetto sussurra qualcosa.

98 STORIE. Novantotto bambini, 98 storie. Tutte diverse, riflesso di questi anni, della crisi, delle società che cambia e dei suoi conflitti. Ci sono i bambini che hanno uno dei genitori (se non entrambi...) con problemi di alcolismo o tossicodipendenza. Come Tobia e Anna, che avevano la mamma depressa, avvelenata dalle continue ricadute nella bottiglia. Sono state le maestre dell’asilo ad accorgersene. Lei la mattina arrivava sempre ubriaca. «Sono stati con me fino a quando non si è rimessa in piedi e ha smesso di bere. Io pensavo a loro mentre le assistenti sociali, bravissime, l’aiutavano a riprendersi la vita. Ed ora è una magnifica mamma.».

IL PAPÀ LICENZIATO. Come nel film di Walt Disney, ci sono famiglie che si disgregano per motivi economici. Il mondo è pieno di Mr. Banks licenziati dalla sera alla mattina. Come quel papà bolzanino che ha perso il lavoro per la crisi di una grande azienda. Senza lavoro, via il mutuo, la casa, la dignità, la sicurezza. Lui stava male, la madre doveva mettere insieme il pranzo con la cena, badare al marito e alle due bimbe. In famiglia il clima era teso, pesante, irrespirabile per le piccole. Le bimbe vengono date allora in affido a Silvia. Poi col tempo, l’uomo è riuscito a trovare una nuova occupazione, risolvere i problemi economici, prendere una nuova casa. E la famiglia si è riunita.

E ancora: la storia di quella mamma sola a Bolzano, con il marito lontano all’estero, e una figlia piccola a cui badare. Lavorava la mattina dalle 5 alle 8, e il pomeriggio dalle 4 alle 8. La mattina non aveva nessuno che potesse tenerle la piccola, il pomeriggio idem. E allora Silvia per mesi si alza alle 4 e mezza, prende la bimba in carico e l’accudisce fino a quando la madre non torna dal lavoro. «Sia chiaro - precisa Shalini Durante - il genitore affidatario non è una “baby-sitter”. Tratta questi bimbi come i suoi, li educa e li accudisce con tutto l’amore di cui hanno bisogno. Un amore incondizionato». E sapendo che tutto può finire da un momento all’altro. Da vera “Mary Poppins”, Silvia arriva quando c’è bisogno, e si ritira quando l’emergenza è passata. «Ma senza nostalgia - spiega -, perché loro non spariscono mai veramente dalla mia vita, e io dalla loro». Silvia Costanza Filidor è un punto fermo del Centro affidi di Bolzano. Molte mamme chiedono espressamente che i figli vengano dati a lei. «Mentre tengo i bimbi, diventiamo amiche, la mia casa è la loro casa». Spesso si trova ad avere più bambini contemporaneamente soprattutto nei periodi critici, quando mancano famiglie affidatarie. «Sono arrivata anche a otto tutti insieme. In questi casi conta l’organizzazione. Applico una regola d’oro: il più grande aiuta il più piccolo».

LA MAMMA MALATA. Tra le tante, c’è una storia che commuove Silvia in modo particolare. Quella di Maria. Una mamma single che scopre di avere un tumore pochi mesi dopo aver messo al mondo un bimbo. Sola, stretta tra l’ansia della malattia, una visita e una seduta di chemio, Maria chiede aiuto al Centro affidi. Si premura di “metterlo in buone mani”, anche pensando al peggio. «Doveva sopravvivere, concentrarsi sulla guarigione, prima di potersi occupare del suo piccolo». E così il bimbo viene dato a Silvia. Che per due anni si prende cura di Emanuele. Maria lo può vedere quando vuole, ma può anche curarsi in tranquillità. Dopo due anni, quando la chemio è finita, le forze sono tornate, e la vita ha vinto sulla morte, Maria va casa di Silvia. «Grazie - le dice - voi siete stati la sua famiglia». Prende Emanuele, abbraccia Silvia e Roberto, e schiaccia il bottone “restart”. La vita riparte dove si era interrotta. Oggi Emanuele ha 18 anni. Lui e la mamma spesso passano ai Piani, suonano e salgono. «E ogni volta è sempre una festa».

A parte quelli di Silvia Filidor e di Shalini Durante, tutti i nomi sono di fantasia.













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