Massacrò una prostituta: solo 14 anni

Sentenza soft per l’assassino di Piani Kevin Montolli. Cade l’aggravante dei futili motivi. Non riconosciuta la semi infermità


di Mario Bertoldi


BOLZANO. Quattordici anni di reclusione per l’omicidio, 2 mesi e 20 giorni di arresto per la contravvenzione relativa al porto abusivo del coltello utilizzato per uccidere, 250 mila euro di risarcimento (che difficilmente riuscirà mai a pagare) alla famiglia della vittima. E’ una sentenza soft quella che ha chiuso il processo di primo grado a carico di Kevin Montolli, il giovane panettiere altoatesino in carcere per aver assassinato con 36 coltellate la prostituta bulgara Svetla Fileva in via Macello a Bolzano, all’alba del 9 settembre di due anni fa. Entrato in aula con un capo di imputazione da ergastolo (omicidio volontario pluriaggravato) Montolli ne è uscito con una condanna che lo restituisce alla vita, nel senso che quando avrà finito di scontare la pena avrà poco più di trent’ anni e la possibilità di costruirsi comunque un futuro. L’avvocato Flavio Moccia (difensore assieme alla collega Julia Mathà) l’ha definita una sentenza «equilibrata». Un termine tecnico per dire che in effetti la difesa è riuscita ad ottenere il massimo (o quasi )facendo breccia soprattutto sulla disgraziata adolescenza che ha caratterizzato i primi vent’anni dell’assassino. Una famiglia inesistente, distrutta dall’alcol e dal vizio del gioco del padre.

Fu lo stesso Kevin (che venne letteralmente abbandonato) a rivolgersi ai servizi sociali e a chiedere aiuto. «Un gigante rimasto bambino» lo ha definito in una deposizione agli atti del processo don Paolo Renner che ha cercato in più occasioni di aiutare la famiglia. Ed è stato lo stesso don Renner a mobilitare i fedeli promuovendo una raccolta di fondi (7 mila euro) che ha permesso alla difesa di far fronte alle spese per le consulenze psichiatriche. Di quella somma, mille euro sono stati depositati su un libretto al portatore e consegnati al tribunale come offerta risarcitoria (anche se insufficiente e inadeguata) ai parenti della vittima. Un’inziativa che non ha sortito effetti. «La verità - ha ricordato l’avvocato Alessandro Tonon - è che Kevin Montolli non ha mai neppure chiesto scusa».

La difesa ha giocato bene le sue carte. L’avvocato Julia Mathà si è concentrata sulla personalità dell’omicida (che ha sempre vissuto nell’emarginazione), il collega Flavio Moccia sulla presunta semi infermità mentale, invocata ma non riconosciuta in sentenza anche se come ipotesi non del tutto esclusa dal dottor Guido Buffoli, perito del giudice. Il processo di primo grado si è chiuso senza una indicazione certa del movente anche se è molto probabile che Montolli sia stato deriso per una prestazione sessuale mancata.

©RIPRODUZIONE RISERVATA













Altre notizie

Attualità