IL RICORDO DEGLI ALPINISTI 

Messner: «All’inizio mi ispirai a lui» Gaier: «Aspetto deciso, gran cuore»

«Era sicuramente uno dei migliori scalatori delle Dolomiti, tra gli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta. All’inizio della mia carriera anche io mi ispirai a lui. E poi ha fatto conoscere le...



«Era sicuramente uno dei migliori scalatori delle Dolomiti, tra gli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta. All’inizio della mia carriera anche io mi ispirai a lui. E poi ha fatto conoscere le Dolomiti di Brenta se non nel mondo quanto meno in Europa». A parlare è l’altoatesino Reinhold Messner, il re degli Ottomila. Gli fa eco Giorgio Gaier, del Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico del Cai: «Fece 3500 scalate, quasi un terzo in solitaria. Fu uno dei primi ad affrontare il sesto grado sia in salita che in discesa».

Messner riconosce a Maestri pieno merito come dolomitista: «Nonostante la storia del Cerro Torre l’ho sempre rispettato, ho avuto la possibilità di conoscerlo, di parlargli. Ha raggiunto una bella età, ha fatto una bella vecchiaia, percorso la sua strada. Secondo me un problema che ha avuto lui personalmente è stata l’esclusione dalla spedizione al K2 nel 1954. Era stato emarginato. Per questo era partito per la Patagonia, per dimostrare che anche lui poteva fare qualcosa di unico».

Torre a parte, «Cesare, in free solo come si dice oggi, senza corda, salì grandi vie, come la Solleder al Civetta. Poi a inizio anni Sessanta si era dato all’artificiale. Lo facevano tutti, era di moda. Lui era tra i più forti. Io ho ripetuto la sua via alla Roda di Vael, molto tecnica. Non era di mio gusto però: chiodi, staffe, ho capito che la mia strada era sviluppare un alpinismo diverso, senza aiuti tecnici. Ho fatto la mia strada, ma nonostante questo Cesare per me è stato un esempio, all’inizio. Aveva 15 anni di più, io ero della generazione dopo, quando lui finiva le sue grandi salite, io iniziavo. Di sicuro ha portato il nome delle Dolomiti di Brenta in Europa».

«Il mitico Ragno delle Dolomiti ci ha lasciato, ha raggiunto la sua Fernanda e i tanti amici di cordata», racconta invece Gaier. «Con Cesare avevo un rapporto di amicizia da oltre 30 anni. A Bolzano in occasione della Tempo Libero veniva spesso a trovarmi con Claus Baldessari, Cesarino Fava, Annetta Stenico, Riccardo Cassin e tanti big dell’alpinismo di una volta. Ma ci trovavamo spesso anche in occasione di presentazioni della sua attività invitato dalle varie Sedi del Cai in Alto Adige o al Festival della Montagna a Trento». Occasione per parlare delle oltre 3500 scalate, quasi un terzo in solitaria. Fu uno dei primi ad affrontare il sesto grado sia in salita che in discesa. «Poi toccavamo marginalmente il Cerro Torre senza entrare nelle polemiche: in molti e per anni lo avevano attaccato. Ma lui era Cesare, non uno qualunque. Diceva che “L’alpinista più bravo era quello che diventa vecchio” e aveva ragione. Ci eravamo sentiti a Natale e, come sempre quando ci incontravamo, mi aveva salutato mandandomi un bacio e dicendo: “Ti voglio bene!” Ecco questo era Cesare: un uomo dall’aspetto deciso ma dal cuore grande! Con lui se ne va un pezzo della storia dell’alpinismo. Ciao caro amico Cesare!»













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