«Microcriminalità, oggi nessuno va più in prigione»

Il Procuratore: conseguenza delle nuove norme, crescerà l’allarme sociale


di Mario Bertoldi


BOLZANO. La giustizia nel nostro Paese sembra allontanarsi sempre più dalle esigenze dei cittadini che in materia anche di micro criminalità chiede garanzie, tutela e certezza della pena. Esattamente il contrario di quanto il governo anche recentemente ha voluto imporre per evitare di dover far fronte in continuazione ai richiami e alle sanzioni dell’Europa. L’Italia è in grave ritardo, non solo da un punto di vista economico. Cosa è accaduto? Semplicemente che le nuove norme che regolano la custodia cautelare in carcere sono talmente restrittive che per episodi di microcriminalità in carcere non ci va più nessuno. Lo conferma anche il procuratore capo Guido Rispoli il quale non manca di esprimere una certa preoccupazione.

E’ vero che il governo si è visto costretto ad intervenire per risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri ed evitare continue sanzioni dall’Europa, ma è anche vero che quando il cittadino prende atto che un ladro arrestato in flagranza il giorno successivo è già a piede libero, non capisce e si sente tradito.

Dottor Rispoli, secondo lei era proprio necessario intervenire in questa maniera per cercare di evitare i fulmini dell’Europa sulle condizioni delle nostre carceri?

«Questo non spetta a me dirlo. Posso solo confermare che sono entrati in vigore una serie di provvedimenti la cui finalità è quella di evitare che l’Italia subisca le sanzioni a livello europeo per le condizioni di vita all’interno delle carceri con i vari problemi legati al sovraffollamento. Obiettivamente le possibilità di intervento erano tre: o si aveva la forza e la possibilità di costruire nuove carceri, o si continuava a pagare le sanzioni all’Europa , oppure in ultima ipotesi si andavano ad adottare una serie di provvedimenti per cui la presenza in carcere diventi un fatto residuale. Il governo, probabilmente anche perchè costretto dai problemi di bilancio, ha scelto l’ultima ipotesi»

Conseguenza: i casi per cui un cittadino che delinque rischia di finire in carcere in attesa del processo sono stati notevolmente ridotti...

«Beh, prima sono entrate in vigore le nuove norme sui processi per direttissima per i reati sino ad una certa fascia, ora si è deciso di intervenire an che sulla carcerazione preventiva. E’ una norma che impone a Pm e giudice di fare una previsione o una prognosi sulla pena che l’indagato sarà chiamato a scontare. La detenzione cautelare è possibile solo in caso di proiezione di condanna superiore ai tre anni, al netto degli eventuali sconti per i riti alternativi»

Qual è il suo giudizio?

«Noto una forbice sempre maggiore tra quelle che sono le legittime richieste dei cittadini e le capacità che abbiamo no di dare risposte adeguate. Un cittadino si aspetta che se un ladro viene colto in flagranza mentre ruba una bicicletta o mentre ruba in un’abitazione, venga arrestato, finisca in carcere e sconti la pena. In realtà con queste nuove norme i ladri di questo tipo non rischiano più la cella. Oggi per reati non gravi il carcere è l’ultima ratio. Da noi, tra il resto, c’è un numero molto esiguo di celle di sicurezza disponibili presso le caserme dei carabinieri o della polizia . Poi anche in occasione del processo almeno per una volta si può chiedere di essere messi alla prova evitando la condanna»

Negli altri Paesi europei esiste questo problema?

«Esiste molto meno perchè hanno le carceri»

Questa situazione rischia di creare allarme sociale?

«Certo. La gente non capisce, resta sconcertata. C’è uno scollamento. Col tempo c’è il rischio di una larga e diffusa insoddisfazione sociale , trasversale ed orizzontale, in tutti i ceti ed i tutti gli ambienti perchè il cittadino onesto rivendica sempre certezza della pena».

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