Moltrer, l’immenso dolore di amici e familiari

La moglie Rosanna è disperata: «Chi l’ha conosciuto sa bene cosa sapeva fare» Camera ardente presidiata durante tutta la giornata da alpini, vigili e cacciatori



TRENTO. L’aspetto istituzionale non ha prevalso in questi giorni di lutto nella piccola comunità di Fierozzo. A Diego Moltrer, presidente del consiglio regionale è stato sì reso omaggio dalle autorità della Regione e della Provincia, dai responsabili delle istituzioni. Ma è stata soprattutto la gente comune a recarsi nella camera ardente allestita nella sala consiliare che lo aveva visto sindaco per 15 anni e assessore anche se per pochi mesi. Centinaia di persone sono entrate quasi in punta di piedi, addolorate, stupite, incredule. Lacrime, strette di mano, abbracci, poche parole sussurrate alla moglie Rosanna, alla sorella Graziella, ai figli, con Lorenzo il più grande che seguiva le orme di papà Diego nell’impresa, di Marica che aveva preso in mano il Bar Milordo, il bar di famiglia da sempre, e Alessio, il più giovane che studia.

La moglie Rosanna sussurra: «Non ci sono parole per quanto è successo. Le parole le hanno gli altri: possono parlare di lui quanti lo hanno conosciuto. Sanno com’era, come lavorava. Per noi, ora è solo dolore immenso, una tragedia». Il figlio Lorenzo si sfoga: «Come faremo adesso?». La sorella Graziella è distrutta: «È morto da solo, non l’avevo nemmeno salutato, gli ho telefonato che era già in montagna, ma non rispondeva perché lì non c’era campo; non gli ho potuto stringere la mano». Frasi semplici e concrete, pronunciate tra una lacrima e l’altra, tra un abbraccio e l’altro, tra espressioni di coraggio. Certo le istituzioni erano presenti, come lo saranno oggi, giorno dei funerali.

C’erano i vertici della Provincia con Ugo Rossi, ieri, dei carabinieri con il comandante Filippo Alessandro, c’era Francesco Squarcina, commissario del governo a Trento e poi i vertici della Comunità di Valle Alta Valsugana e Bersntol, sindaci ed altri.

C’erano soprattutto i suoi valligiani, ma anche cittadini venuti da tutto il Trentino. «Non ero mai stato a Fierozzo - diceva ieri un pensionato - ma conoscevo Moltrer perché era venuto a trovarmi una volta per un lavoro».

Forse in questa considerazione si trova tutta l’opera di Diego Moltrer in questi suoi vent’anni di vita amministrativa. Le sue tre passioni lo avevano portato a conoscere centinaia di persone, per non parlare di quanti andavano da lui per un lavoro, un problema, affollando gli orari di udienza al mattino presto. Aveva amici nei cacciatori, tra gli alpini, tra i pompieri. Come amministratore chiedeva, qualche volta imponeva, discuteva, poi agiva per il meglio della gente.

Nella camera ardente su un tavolino tre cappelli, tre passioni: il cappello d’alpino con la penna (d’aquila), il berretto da pompiere, il cappello da cacciatore con il caratteristico piumotto. Dopo la famiglia, tre ragioni di vita. A terra, appoggiato alle gambe del tavolino, uno “scheibe”, quello “scudo” di legno simbolo del cacciatore, del tiratore, con riprodotta la sua figura. Quasi per dire: sono ancora qui con voi, adesso mi metto il cappello e vi seguo. Il suo feretro è stato vegliato dagli esponenti delle tre associazioni di cui faceva parte: Elio Moltrer (capogruppo alpini) con Felice Moltrer, Stefano Pompermaier (comandante dei pompieri) con il Ezio Corn (suo vice) e Adriano Moltrer (rettore della sezione cacciatori) con Andrea Oberosler. A loro sarebbe giunto il cambio a mezzogiorno e un altro poi nel pomeriggio.

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