Neonato morto, c’è un’indiziata

Lana. Sarebbe una raccoglitrice di mele dell’Europa dell’Est, ricoverata all’ospedale di Merano e piantonata giorno e notte, la madre del neonato ritrovato lunedì pomeriggio da una turista tedesca...


Sara Martinello


Lana. Sarebbe una raccoglitrice di mele dell’Europa dell’Est, ricoverata all’ospedale di Merano e piantonata giorno e notte, la madre del neonato ritrovato lunedì pomeriggio da una turista tedesca che stava passeggiando tra le rogge di Lana di Sopra. Il bimbo, seminascosto in un cespuglio sul ciglio di vicolo Raffein, aveva testa avvolta in un panno annodato più volte intorno al collo, il cordone ombelicale ancora attaccato. È una zona isolata, dove nessuno passa per caso. I proprietari del vicino maso hanno chiamato il 112. La Procura ha avviato immediatamente le indagini per accertare le cause del decesso.

Il ritrovamento.

«Saranno state le 16, le 17 di ieri (lunedì, ndr). Due clienti mi hanno chiamato pochi metri sotto il mio maso, mi hanno mostrato un cespuglio. E lì ho visto due gambette, quel corpicino candido, pulito, rannicchiato nel fogliame. Era bianchissimo, sembrava essere stato lavato con ogni cura. Non indossava vestiti, era completamente nudo in quello che mi è sembrato quasi un nido. Portava solo un panno avvolto intorno alla testolina. Non ho avuto il coraggio di avvicinarmi: appena ho capito che si trattava di un bimbo senza vita ho distolto lo sguardo. Non ce la facevo a reggere una vista così tragica». A parlare è Oswald Verdorfer, proprietario del Buschenschank Oberbrunn. Una casa piena di fiori, come ce ne sono tante a Lana di Sopra, dove le rogge corrono tra campi verdi e stradine anguste si inerpicano sul versante della collina. Un posto dove è difficile immaginare un neonato morto, abbandonato sul ciglio della strada. Nascosto dal fogliame, sì, ma visibile agli sguardi più attenti. Come se in qualche modo chi l’ha lasciato lì volesse che fosse trovato.

«La donna che ha avvistato il bimbo nascosto nel cespuglio – riprende Verdorfer – era col suo cane e con un amico, anche lui un turista tedesco. Questi mi ha detto di aver visto una fascia intorno al capo del neonato. Era sotto choc. E lo ero anch’io. Sono uno che pensa al proprio lavoro, alla propria famiglia, senza curarsi troppo del resto. Ma per i bambini nutro empatia, mi stanno a cuore. Ho due figli e tre nipoti». Un singhiozzo rompe la voce di Verdorfer. «Il turista tedesco l’ha toccato con un dito, ha detto che era freddo». E quel freddo è calato sulle campagne di Lana.

Le indagini.

Dato l’allarme, Verdorfer vede arrivare sotto il proprio maso i sanitari della Croce Bianca di Lana, il medico d’urgenza di Merano, i carabinieri della stazione locale. Per il piccolo non c’è niente da fare. Il suo corpo mostrerebbe segni di violenza, tracce di soffocamento. La Procura della Repubblica avvia un’indagine. Dispone per oggi l’autopsia, in modo da accertare le cause della morte, insieme a ulteriori verifiche per giungere a una più approfondita ricostruzione dei fatti.

Sconforto in paese. La notizia si diffonde presto tra i dodicimila abitanti di Lana. E in questa comunità solidamente devota e dedita al lavoro e alla famiglia apre a riflessioni vaste. L’unico modo per mettere ordine tra i pensieri più cupi. Ancorata sul fondo, la speranza che la madre del piccolo trovi pace. «Come si sarà sentita? Come starà ora?», si chiede una donna seduta in un bar. E un’altra: «Quanta povertà può nascondersi dietro la facciata... Penso al disagio di una donna sola, all’isolamento». Donne che non giudicano, donne in qualche modo solidali con la madre del piccolo, pure nel contorno nero del dramma.

Tra i volantini sul bancone all’ingresso del distretto sociosanitario nel pieno centro del paese ce n’è uno con una cicogna. “Family support, sostegno concreto dopo la nascita”. Pubblicizza un’iniziativa dell’Elki, col partenariato del Forum prevenzione. «Parlando di adozione, quando ci viene segnalata una difficoltà o se una persona si rivolge direttamente a noi – spiega un’impiegata – cerchiamo di definire la situazione sotto ogni punto di vista e di ricercare la soluzione più adatta, lavorando in rete col servizio psicologico. Se una donna vuole interrompere una gravidanza invece la indirizziamo al consultorio familiare Lilith, per le consulenze, o all’ospedale, per l’operazione. Ma sono casi rari, più spesso ci vanno da sole».













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