«Non mi sono arreso 5.500 ore di esercizi per sentirle “mie”» 

Theo Kelz aveva perso entrambi gli arti, operato nel 2000 L’incontro con la sua fisioterapista, docente alla Claudiana


di Valeria Frangipane


BOLZANO. «La vita mi ha insegnato a non mollare ed a non arrendermi mai perchè la forza di volontà può fare miracoli. A me è capitato». Theo Kelz - 62 anni - poliziotto in pensione di Klagenfurt, secondo uomo al mondo a subire il trapianto di entrambe le mani - (il primo è un francese che al tempo dell’operazione aveva 33 anni) - l’altro giorno era alla Claudiana a raccontare agli studenti la sua incredibile storia. Sul palco, vicino a lui, Susanne Wopfner, una delle tre fisioterapiste che lo ha seguito nella lunghissima e delicata fase della riabilitazione, che è anche docente alla Scuola superiore di sanità.

«Se oggi sono qui, se queste sono diventate le “mie” mani, se ho imparato ad usarle ed accettarle, è anche perchè 5.500 ore di fisioterapia - dalle 5 alle 6 al giorno - mi hanno insegnato a sentirle vive ed a farle diventare veramente “mie”». Un’esperienza al limite la sua, che lo ha consegnato alla storia della medicina. Era il 24 agosto del 1994 quando una bomba gli fece perdere entrambi gli arti. L'ordigno che lo aveva mutilato era stato piazzato in una scuola della Carinzia da un neonazista.

Kelz andò avanti per sei anni con le protesi alle quali non riuscì mai ad abituarsi completamente. «Perchè... vedete, le mani possono afferrare, percepire, modellare, toccare, accarezzare, consolare. Con le protesi non è possibile». E più passava il tempo e meno il paziente si arrendeva alla menomazione finchè a 45 anni, ed una bella fetta di vita ancora davanti, scelse l’intervento.

Il trapianto, da donatore compatibile, venne eseguito nella clinica universitaria di Innsbruck da un equipe di 20 medici che fecero l’impresa lavorando per 17 ore sotto la direzione del professor Raimund Margreiter.

Seguirono anni difficili anche sotto il profilo psicologico, anni di cure e somministrazione continua di farmaci oltre che di delicata e pionieristica riabilitazione. «Abbiamo applicato al paziente - racconta Susanne Wopfner - il metodo di riabilitazione neurocognitiva elaborato dal professor Perfetti per intervenire sul sistema nervoso centrale. Kelz doveva eseguire esercizi di diverso tipo e farlo con molta concentrazione. Doveva muoversi, pensare, percepire, diventare consapevole di sé e delle sue “nuove” mani».

E questo per imparare da zero ad usarle visto che non gli erano appartenute.

Oltre a vederle ed a sentirne i nervi, doveva imparare a non percepirle come estranee. Doveva imparare tutto. Ad accettarle, aprirle, chiuderle, muoverle per toccare, sfiorare, stringere a sentire.

Eva Maria Gasser e Carla Naletto - tutor e responsabile del corso di laurea in fisioterapia della Claudiana - spiegano che per fare tutto questo ci sono volute forza, determinazione, concentrazione e 5.500 ore di fisioterapia.

«I fisioterapisti hanno una grande responsabilità nei confronti dei loro pazienti. La migliore operazione o il miglior trapianto non potrebbero dirsi portati a termine con successo se poi non fa seguito una buona riabilitazione. Riabilitazione che, d’altra parte, richiede oltre ad un’indiscussa professionalità anche molta concentrazione e grande attenzione. Tutte cose che vi auguriamo nella vita di imparare e fare vostre».

Theo Kelz, grazie alle sue “nuove” mani, conduce una vita perfettamente normale ed è il primo uomo del pianeta ad aver fatto il giro del mondo in solitaria sulla sua motocicletta. «Credete a me, non arrendetevi mai».

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