Oncologia, musica per avere coraggio

Inaugurata la sala d’attesa che diventa “sala della musica”. Graiff e Tait: «Un modo per spezzare l’isolamento dei pazienti»


di Valeria Frangipane


BOLZANO. «Sapevo che sareste venuti in tanti. Non pensavo così tanti». Claudio Graiff, primario di Oncologia al San Maurizio, ieri pomeriggio all’ospedale ha parlato ai suoi pazienti, ai familiari, ai loro amici, come forse non aveva mai fatto. Niente camice (ed i medici quando se lo tolgono fanno meno paura), ha abbracciato la sua grande famiglia. «Siamo qui per sentire un concerto e ribattezzare la sala d’attesa, che vi ha visto seduti tante volte, “sala della musica”. Credetemi non è una questione marginale, so che non basta cambiare nome per trasformare la sostanza delle cose, non voglio spacciare facili illusioni, ma credo che se ci mettiamo l’anima anche queste quattro mura, che troppo spesso non sanno spezzare l’isolamento, si possano trasformare in qualcos’altro. Penso che non vadano percepite come spazi rubati alla vita».

Un’operazione - quella della “sala della musica” - che il San Maurizio ha portato avanti con la Lega tumori per ricordare la violinista Carlotta Nobili, “Donatrice di musica”, originaria di Benevento, morta il 15 luglio dell’anno scorso. E così la sala d’attesa di Oncologia ha cambiato volto. Alle pareti compaiono le foto di questa bella ragazza, 24 anni appena, con la sua storia raccontata, quasi volesse dare coraggio, parlare, spezzare la tensione a chi è seduto in attesa.

Concertista, direttore artistico dell'Orchestra da camera di Santa Sofia, una laurea alla Luiss in storia dell'arte, figlia di un magistrato della Cassazione e di una docente del Conservatorio - che ieri erano a Bolzano - Carlotta Nobili ha raccontato la malattia sul suo profilo Facebook e, soprattutto, tra i post del blog “Ilcancroepoi” dove si presentava così: «Mi chiamo C. ho 24 anni e dal 5 ottobre 2011 combatto con un melanoma metastasico al quarto stadio». Seguita in tutta Italia da chi vive la sua stessa esperienza, è entrata con prepotenza nella storia e nella vita di tante persone, grazie a quei legami virtuali che solo la forza di Internet può creare. Tanti i pazienti di Oncologia che la chiamano per nome senza averla mai conosciuta.

E così quello di ieri è stato un pomeriggio d’eccezione che ha visto anche Rodolfo Bonucci, violinista ed accademico di Santa Cecilia ed il pianista Corrado Greco, trasformarsi in “Donatori di musica” e suonare al San Maurizio.

Presenti i vertici dell’ospedale - Umberto Tait, Walter Pitscheider, Flavio Girardi - della sanità - Ulrich Seitz - ed il presidente della Lega tumori, Paolo Coser. Così Tait: «In Oncologia abbiamo ottimi medici, s’è formata negli anni una gran bella squadra. Mi sento di dire ai pazienti che sono in buone mani». «Vedete... - racconta Graiff - le sale d'attesa degli ospedali pensate per l'accoglienza, sono percepite purtroppo anche come luoghi del silenzio, del disagio, legate ad ansia ed angoscia per la malattia contro la quale si sta lottando, simboli di un tempo ed uno spazio rubati alla vita, nella solitudine di una sensazione di estraneità. La nostra sala d’attesa, che ha accolto, accoglie oggi e continuerà ad accogliere i concerti dei "Donatori di musica", è stata trasformata in “sala della musica”, per spezzarne il paradosso, nobilitare il ruolo e ritrovare una dimensione di ricca umanità».

Tantissimi gli spunti di riflessione. «Sono anni che faccio questo lavoro, anni che vedo la vita delle persone trasformarsi in un istante. La malattia ti cambia. Si passa dall’incredulità, alla ribellione, dalla depressione, alla rabbia, all’accettazione. Una cosa è certa, il mondo finisce sottosopra, e bisogna iniziare a parlare della vita con il cancro. Usare le parole giuste, guardare in faccia la realtà per combatterla meglio. E poi noi medici siamo prigionieri di colloqui tecnici, credo che la “sala della musica” farà bene a tutti noi». Ma la malattia è anche un inno alla vita. Quando si sta bene non bisogna rimandare quel che si vuol fare. «Mai dire - ha raccontato ieri una paziente - farò, dirò, andrò... mai rimandare i sogni o le speranze, perchè potrebbe non esserci il tempo». «Difficile andare avanti - scriveva Carlotta nel suo blog - quando non trovi più le fila di nulla. Ma per me avere il cancro ha significato anche avere l’occasione di combatterlo. E’ stato un’opportunità di crescita che mi è servita per guarire nell’anima». Ecco appunto guarire nell’anima. Il cancro ti obbliga a fotografare la vita, in un istante, a metterla a fuoco esattamente per quella che è. Si sfronda tutto quel che si può sfrondare, si fanno cadere gli orpelli, resta quel che serve, quel che puoi salvare. Spesso la malattia e la sofferenza - qualsiasi esse siano - passata la rabbia, la depressione, l’incredulità, servono a fare chiarezza. A sgombrare il campo. Per ripartire.













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