Pd, patto di ferro tra Tommasini e Costa

Il documento: apertura alle civiche, alleanza blindata con la Svp dopo il caso Bizzo. Di Fede: «No ai giochi di potere»


di Francesca Gonzato


BOLZANO. L’alleanza era stata sancita due anni fa alla «Leopoldina». Christian Tommasini e Carlo Costa iniziarono lì la scalata al Pd. Missione (quasi) compiuta. In giugno organizzeranno un nuovo evento per lanciare il loro progetto di Pd per la segreteria e le elezioni provinciali. La base sarà il documento «L’Alto Adige che verrà», scritto da Costa e Tommasini, che verrà presentato nei prossimi giorni e servirà, hanno anticipato, come base di discussione. Intanto la Svp forza la mano e si prepara a portare nella Convenzione dei 33 un documento spinto sull’autonomia integrale (via il Commissariato del governo, Regione svuotata). Il Pd ci starà? Nel documento si parla di un futuro «europeo, aperto, plurilingue». La sensazione che i giochi siano quasi fatti crea malumori, non solo nella minoranza. La segretaria Liliana Di Fede, che si dimetterà in estate, ha pubblicato ieri un documento del tutto esplicito, in cui chiede di rispettare l’identità del Pd come partito aperto: «Non credo in un Pd transgenico, frutto di apparati e giochi di potere».

IL PROGETTO. L’idea di Pd proposta da Tommasini e Costa si basa sull’antitesi paura/apertura. La risposta ai populisti, che coltivano le paure per passare all’incasso elettorale, è la formazione e la conoscenza. Meno immediato, dicono, ma questo ci si aspetta da un partito non virtuale, progressista e di centrosinistra. I partiti «sovranisti» illudono le persone, è la tesi. I problemi non spariscono costruendo muri, psicologici o reali.

Il documento anticipa la linea di Tommasini e Costa per le primarie del Pd, che in autunno eleggeranno il nuovo segretario e l’assemblea provinciale, e per le provinciali. Si parla dunque di autonomia (scelte condivise, non verticistiche), statuto, di rapporti tra città e vallate, di gruppi linguistici. Assodata ormai l’apertura alle liste civiche, invitate a partecipare al percorso.

Vengono poi elencate sette proposte. Torna l’idea di una modifica allo Statuto per garantire la presenza di almeno due italiani e un ladino in giunta provinciale. Era previsto già nel patto tra Svp e Pd nel 2013, ma non se n’è fatto nulla. Tra le altre proposte, uno «statuto» speciale per Bolzano, l’applicazione flessibile della proporzionale, la certificazione linguistica inserita nel percorso scolastico, un piano delle opere pubbliche a Bolzano. Per quanto riguarda la convivenza e i rapporti tra i gruppi, Costa e Tommasini propongono di ufficializzare il modello previsto nella norma di attuazione sulla toponomastica: sui temi etnicamente sensibili si decida con la doppia maggioranza, perché un gruppo non prevalga sull’altro.

LA SEGRETARIA. Liliana Di Fede è dimissionaria, ma non silenziosa. Accompagnerà il Pd fino alle primarie di autunno: «La mia azione per il restante tempo alla guida della segreteria sarà anzitutto mirata a questo: un partito largo, aperto, plurale. Voglio che le provinciali siano preparate con serietà e non ho nessuna intenzione di abbandonare la cultura di un partito vincente. E un partito che si chiude, inevitabilmente, sarebbe un partito che perde». È trapelata una ipotesi di testa di lista per le provinciali con Tommasini, Renate Prader (moglie di Costa) e Andrea Casolari (della Civica per Merano). Casolari, sul web, conferma l’obiettivo di convincere il Pd a una «alleanza che vada al di là del loro orticello». Per le candidature è presto, dice, «prima il progetto». Chiara Pasquali, che alle primarie ha appoggiato Orlando (come Tommasini), propone: «partiamo da un documento condiviso».

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