Pertini a Selva era di casa tra gelati e carabinieri

L’ex Capo dello Stato ne mangiava tanti e li offriva a giornalisti e scorta In Val Gardena ha trascorso - sommando i vari soggiorni - un anno intero


di Ettore Frangipane


SELVA. Era l’agosto 1978, quando da Roma giunse alla redazione Rai di Bolzano la richiesta di un’intervista al neo-eletto presidente della Repubblica, Sandro Pertini. Era scomparso Ignazio Silone, il comunista dissidente suo compagno di tante battaglie. Volevano un ritratto, un ricordo di Silone. Pertini era ospite della scuola alpina dei Carabinieri in Vallunga, in val Gardena. Avevano fretta. Non era stato fissato nessun appuntamento e a Bolzano mandarono me, perché «Frangi è uno che se la sa cavare sicuramente». Mi misi al telefono e cercai di estorcere informazioni al capitano Maffei, comandante della scuola. Non mi disse niente, ma accennò al fatto che lui, Maffei, aveva in mente di fare un’escursione all’Alpe di Siusi. Partimmo alla ventura, decisi a percorrere tutte le strade dell’Alpe. L’operatore era Sandro Saltuari. Gironzolammo finché non vedemmo due Alfa Romeo scure muoversi di conserva: provammo ad accodarci. Le due vetture raggiunsero un grande hotel solitario nel verde, e lì si fermarono. Scese Sandro Pertini che ci venne cordialmente incontro: «Cosa vogliono questi signori della Rai?” Iniziò così una frequentazione quasi annuale tra Pertini e me, ogni volta che veniva in vacanza in Alto Adige. Giungeva il presidente, si rifugiava ritualmente presso i carabinieri («Sono i miei protettori», diceva, alludendo forse ironicamente al suo confino a Ventotene), da Roma chiedevano un servizio per la tv, da Bolzano mandavano me. Quella prima volta all’Alpe di Siusi ci sedemmo su una panchina nel verde e gli chiesi di Ignazio Silone, inviso a Stalin (e a Togliatti, che l’aveva espulso dal Pci). Poi Pertini ci invitò nell’albergo dove offrì a Rai e carabinieri un gelato. Se ne cibava con avidità, immergendovi i denti, e così feci la mia solita gaffe. Mi dissi sorpreso nel constatare che i suoi denti non soffrissero il gelo di quei morsi. «Ha denti buoni, presidente». Mi guardò un po’ corrucciato. Capii solo dopo che non avvertiva il freddo, perché portava la dentiera. Ma ci fu anche una volta che rifiutò la quasi rituale intervista. Eravamo in un rifugio sovrastante il passo Gardena. Rispose con un secco “no”. «Grazie ugualmente», gli dissi, e con l’operatore Candido Daz uscimmo per affacciarci delusi dalla terrazza sul panorama del Sella. Poco dopo, mentre voltavamo le spalle alla porta, Pertini ci raggiunse. «Facciamo quest’intervista - disse - dopotutto siete dei lavoratori anche voi».

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