Philipp, il forte alpinista   che amava scalare da solo 

Recuperata la salma di Angelo, 36 anni bolzanino, morto sulle Grandes Jorasses  All’origine del tragico incidente, molto probabilmente, una scarica di sassi   


di Antonella Mattioli


BOLZANO. «Non sono proprio un amante di racconti alpinistici nei quali con grandi giri di parole viene descritta una salita, un’avventura prima vissuta, poi distorta verbalizzandola. Ma ogni tanto mi piace raccontare per far sognare anche altri sperando che anche loro, ogni tanto, abbiano la possibilità di vivere questi sogni». Per Philipp Angelo - 36 anni, guida alpina bolzanina, tra i più forti scalatori italiani del momento, morto lunedì intorno a mezzogiorno sulle Grandes Jorasses - le scalate in estate e lo scialpinismo in inverno erano la realizzazione di un sogno coltivato fin da ragazzino, quando aveva convinto il padre Claudio, psichiatra per molti anni all’ospedale San Maurizio, ad iscriverlo al corso di roccia dell Cai.

Poi, dopo il diploma al liceo classico Walther von der Vogelweide di via Diaz, la decisione di fare il corso per diventare guida e vivere della propria passione, ritagliandosi però ampi spazi, per continuare a coltivare i suoi sogni: in ogni parte del mondo, ma sempre in montagna.

La guida. «Amava - racconta Erwin Steiner, responsabile della commissione tecnica delle Guide alpine dell’Alto Adige con cui alcuni anni fa aveva fatto il corso - le grandi montagne - anche per questo ultimamente si era trasferito in Valle d’Aosta - e amava scalare da solo. Con tutto quello che ciò comporta dal punto di vista sia fisico che psicologico, perché sai che non potrai contare su nessuno». Era solo anche lunedì mattina sullo sperone Walker (4.208 metri) sulla parete nord delle Grandes Jorasses nel massiccio del Monte Bianco. La sera prima aveva parlato con il suo amico Franco Perlotto, anche lui guida, scalatore, scrittore, e oggi gestore del rifugio Boccalatte-Piolti a quota 2803 metri sulle Grandes Jorasses: gli aveva chiesto informazioni sulla situazione in quota. Le condizioni sia della montagna che del meteo erano buone: bisognava approfittarne. «La via tracciata tra il 4 e il 6 agosto 1938 dalla cordata italiana Cassin, Esposito, Tizzoni - racconta Perlotto - era sicuramente alla sua portata. Assieme alla nord dell’Eiger e alla nord del Cervino è, ancora oggi, il sogno di ogni alpinista ».

Caduta fatale. Ma le cose sono andate diversamente. Il suo ultimo sogno si è infranto proprio sulle Grandes Jorasses. Intorno a mezzogiorno alcuni alpinisti lo hanno visto precipitare: un volo di 600 metri. Il corpo di Philipp è stato recuperato dagli uomini del soccorso alpino francese. «Ormai - dice l’amico Perlotto che non riesce ancora a credere che sia finito tutto così - non ha grande importanza stare a ipotizzare quali possono essere state le cause dell’incidente. A mio avviso comunque Philipp è stato investito da una scarica di sassi: solo un imprevisto di questo tipo può aver fermato uno del suo livello». La notizia nella tarda serata di lunedì è arrivata a Bolzano dove vive la famiglia, i genitori, un fratello e una sorella più giovani. Lui, abituato a girare il mondo per il suo lavoro di guida e per le sue avventure, era legato all’Alto Adige. Qui tornava spesso: aveva tenuto corsi per i ragazzi organizzati da Cai e Alpenverein e accompagnava i clienti. In parete d’estate; scialpinismo e scalate sul ghiaccio in inverno.

La palestra Salewa. Era soprattutto in inverno che lo vedevano alla palestra della Salewa: «Veniva qui ad allenarsi - racconta Martin Knapp, responsabile della struttura sportiva a Bolzano sud -. Un tipo simpatico, ma riservato, che faceva imprese di alto livello e non amava pubblicizzarle. Ne parlava solo con gli amici con cui condivideva la stessa passione». Uno di questi era sicuramente Franco Perlotto: anche lui, da giovane, prediligeva le grandi pareti e amava scalare da solo senza assicurazioni.

L’amicizia. «Lo avevo conosciuto - ricorda - tre anni fa quando era sceso da Manitoa sulla Croz con Marc Toralles: avevano dormito sul terrazzo del rifugio per non disturbare. Mi ero rivisto ai miei tempi. Mi era subito piaciuto. Lo avevo incontrato a Yosemite due anni fa ed avevamo chiacchierato a lungo. Poi l’ 11 agosto gli ho fatto un piatto di spaghetti al “Boccalatte”. Oltre alla forchetta gli avevo dato anche il cucchiaio "sei sudtirolese", avevo ghignato. Aveva riso. Domenica mi aveva chiamato. Sapevo del tuo progetto, forse ero l'unico. Si fidava di me. Philipp era un grande alpinista».















Altre notizie

Attualità