Politica ferma, ora serve uno scatto

di Sergio Baraldi


Sergio Baraldi


Ci sono questioni nelle quali la nostra classe politica, italiana e tedesca, è imbattibile: quando si tratta di essere gli ultimi, riusciamo spesso a essere i primi. La cronaca di questi giorni ci offre un paio di spunti interessanti per avere conferma di quella che sembra sul punto di diventare una sorta di legge della dinamica politica altoatesina. Nei prossimi giorni, il Comune di Bolzano discuterà il famoso programma del sindaco Spagnolli che vede la luce anche grazie all’intervento del nostro giornale. Sembra che nel piano di Spagnolli gli elementi qualificanti siano due: il tram con l’Oltradige e la statale in galleria. I lettori mi diranno: sono due buone idee. E, in effetti, sono due idee che circolano da tempo e che sono non buone, molto buone. C’è un piccolo particolare: entrambe sono soggette a cospicui finanziamenti, e a procedure burocratiche che richiedono l’assenso di molti soggetti. Per realizzare quei due punti qualificanti occorrono molte risorse e molta buona volontà di molti attori che una leadership forte potrebbe, forse, coordinare. Secondo voi, amici lettori e lettrici, alla fine della legislatura questi due punti saranno realizzati? Vi ricordate quando Durnwalder, uno al quale il decisionismo non difetta, annunciò che voleva il metrò leggero per l’Oltradige? Pochi giorni fa Durnwalder ha dovuto ammettere che il progetto torna nel cassetto.
Una buona idea, un sogno, ma non ci sono i soldi. Voi ritenete che il sindaco Spagnolli abbia i soldi e l’autorità per portare a termine questi due punti? A mio avviso, ma spero di essere piacevolmente smentito dai fatti, quando Spagnolli lascerà il Comune tra quasi cinque anni non vedremo nulla di tutto questo. In compenso, ci garantisce lo spettacolino del consiglio comunale che discuterà in modo serio, convinto e voterà un piano che, nei suoi punti principali, rischia di essere un libro delle favole. Ma a sognare possiamo essere noi semplici cittadini che non portiamo il peso del governo, non chi amministra una città e ha responsabilità chiare verso gli elettori. Chi governa ha un dovere di trasparenza verso gli elettori, i soli che hanno le chiavi del Comune, e non dovrebbe alimentare illusioni solo per poter dire che ha fatto un piano.
Ma il centrosinistra lo voterà e sarà contento. Non si realizzerà? E che importa? Facciamo come Berlusconi, che ha promesso di tutto e non ha mantenuto quasi niente. Spostiamoci in Provincia e a Bolzano, con tutto l’Alto Adige, che partecipa al progetto della capitale della cultura europea. Durnwalder ha rilasciato una bella intervista al nostro giornale in cui persino lui si lasciava andare alla strategia di sistema e presentava il progetto. Il vicepresidente Tommasini sta facendo uno sforzo considerevole per agganciarci al disegno del Nordest e farne un traino per tutto il territorio. Fra l’altro, a differenza di quello di Spagnolli, questo è un progetto realizzabile, che non richiede, almeno sulla carta, investimenti impossibili. Presidente e vicepresidente, cioè, fanno il loro mestiere di immaginare il territorio del futuro. Un grande filosofo tedesco, Martin Heidegger, pose la domanda centrale al riguardo: un territorio prima lo si abita e poi lo si pensa, o prima lo si pensa e poi lo si abita? La risposta è decisiva per chi governa l’Alto Adige. Per una volta, la leadership tedesca e italiana, ha dato prova di volerlo pensare il territorio prima di abitarlo. Ma le cose non sono mai come appaiono. Infatti, nel mondo tedesco questa scelta ha cominciato da subito a incontrare resistenze. Tutto è emerso con un’intervista dell’assessore alla cultura tedesca, Kasslatter Mur che ha posto una condizione, quella cioè che la cultura tedesca non diventasse periferia di quella italiana. Forse sbaglio, ma l’assessore non aveva intenzione di bloccare il progetto, ma di premere perché avesse i requisiti per superare le resistenze interne alla Svp che sentiva montare. La sua uscita, con un’interessante intervista al nostro giornale, aveva probabilmente l’obiettivo di arrivare alla meta, assorbendo le obiezioni. Difatti, la risposta di Tommasini è stata subito di apertura alle esigenze da lei prospettate. Ma in Commissione provinciale le opposizioni sono uscite allo scoperto e stanno creando problemi al finanziamento dell’operazione. Alla fine, è probabile che il progetto andrà in porto, anche perché Durnwalder ci ha messo la faccia, e il presidente non ama perderla su una cosa così delicata. Ma quello che sorprende è l’uscita del segretario politico della Svp Theiner, il quale invece di avanzare richieste che tengano conto delle sensibilità del mondo tedesco, pone la condizione di coinvolgere il Tirolo, un modo che sembra fatto apposta per sposare l’intransigenza dell’ala destra della Svp. Theiner, invece di raccogliere le spinte negative per superarle in una sintesi positiva per il territorio, sembra non riuscire a svincolarsi dai veti che provengono dall’interno del partito. E’ chiaro che se Bolzano e l’Alto Adige partecipano al progetto non possono che farlo portando il valore aggiunto vero di questo territorio: l’essere il luogo d’incontro di due culture, di due lingue, di due concezioni del mondo. La sua natura di “ponte” verso il nord d’Europa tedesco e non solo. Da questo punto di vista, Bolzano è molto più speciale di Trieste. Trieste, infatti, è una città pienamente italiana che vive “sul” confine (oggi ex) verso l’Est. Bolzano e l’Alto Adige sono “il” confine, vale a dire il campo che raccoglie e mette in comunicazione due mondi che devono comprendersi, cooperare, vivere insieme. Ha senso che Bolzano entri in questo progetto con Venezia in quanto è una differenza nella differenza. Come ci ha insegnato il filosofo francese Foucault, tutto è singolare nella storia universale. E l’universalità possibile dell’Alto Adige consiste nel fatto che siamo italiani e tedeschi e ladini, che siamo una singolarità di differenze. Credo che i primi a saperlo siano l’assessore Tommasini e la sua struttura, ma credo che anche nel mondo tedesco siano in molti a saperlo. Non lo sa lo storico Heiss, ma se si applica, dopo essersi soffermato sulla storia alpina, lo capirà anche lui. Ma allora perché una parte del mondo tedesco frena? Non sa forse che, dal punto di vista economico, partecipare al progetto potrebbe essere un ottimo investimento per le ricadute previste per il territorio? Il punto, a mio avviso, consiste sempre nella difficoltà con la quale parte della nostra società, soprattutto tedesca, fatica a fare i conti con la modernità. Coltiva un’idea della cultura e dello sviluppo che potremmo chiamare di “territorio chiuso” (questo è il vero nome del Tirolo nell’accezione di settori Svp), che porta alla selezione dell’altro da sé, alla diffidenza verso il resto del mondo e può scivolare nel risentimento verso chi non è uguale, in una logica amico-nemico che proprio l’Alto Adige ha vissuto con molte ferite. Quello che l’operazione Bolzano capitale vorrebbe fare, invece, è proporre un’idea di”territorio aperto”, luogo d’identità plurali, multiculturali, dove esiste un’inedita composizione sociale, al quale è giusto e doveroso ancorarsi, ma per andare nel mondo forti della propria identità, senza paura per ciò che siamo. Per tornare al nostro territorio arricchiti. E’ la grande lezione dell’Ulisse del poeta Alfred Tennyson che racconta Itaca come “l’isola da me tanto amata”, e che definisce se stesso “portatore del nuovo” e per questo naviga i mari e i paesi del mondo conosciuto, ma con il pensiero rivolto sempre a Itaca. A casa. Per tornarvi. Ulisse non è uno spaesato, uno che si rinserra, tiene la sua isola nel cuore mentre sperimenta il mondo. Questa è l’occasione che ha perso Theiner: non avere cercato di raccogliere la domanda che viene da settori del mondo tedesco per valorizzarla e piantare la sua bandiera in un grande scenario, facendone un simbolo dell’Alto Adige nuovo non di quello vecchio. Theiner, cioè, non a fatto l’operazione che invece Tommasini e Durnwalder tentano: localizzare il globale. Così Trento ha già deciso di esserci, e forse ci saremo anche noi, ma ultimi. Perché la Svp il territorio lo abita e, poi, lo pensa. Bolzano e l’Alto Adige avrebbero bisogno di sogni realistici: uno scatto in avanti nello sviluppo. Uno scatto che non deve essere solo economico, ma culturale, che utilizzi al meglio il capitale sociale e territoriale che la comunità è in grado di mettere in campo. Uno scatto che comprenda un processo di rinnovamento, incremento, adattamento delle risorse locali per cogliere le potenzialità che ci sono nel mondo, per accedere a innovazione, tecnologie, risorse cognitive che possono farci crescere, senza far mancare il nostro contributo. Una relazione bidirezionale tra globale e locale. Il pericolo è che la globalizzazione moderna crei nuove esclusioni. Che ci obblighi a cambiare in maniera unilaterale, come un aereo che atterra, ci lascia il suo carico senza preoccuparsi di cosa accadrà al territorio. Per evitare questa trappola, occorre governare il processo di trasformazione.
E dovremmo farlo insieme, italiani e tedeschi, perché, lo si voglia o no, nessuno può salvarsi da solo.

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