Profughi, l’Onu sorveglia il Brennero

Carlotta Sami (Unhcr): «Abbiamo già effettuato sopralluoghi e torneremo. Chiediamo il rispetto delle persone»


di Francesca Gonzato


BOLZANO. La situazione dei profughi al Brennero e in Alto Adige è da mesi sotto osservazione da parte dell’Unhcr, l’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati. Inviati dell’agenzia hanno già effettuato sopralluoghi, torneranno e si preparano a fornire supporto informativo, se in aprile le barriere al Brennero, volute dal governo austriaco, dovessero provocare una crisi umanitaria. Lo annuncia Carlotta Sami, portavoce dell’Unhcr. Importante il punto di vista dell’Unhcr sulla situazione che si sta profilando lungo il confine tra Italia e Austria, con i controlli previsti al Brennero. Ieri la Baviera ha annunciato controlli alla frontiera con l’Austria. Così Carlotta Sami.

Tra poche settimane il governo austriaco, dopo Spielfeld, inizierà i controlli al Brennero. L’Unhcr sta seguendo questo nuovo fronte?

«Naturalmente sì e non solo in vista delle misure annunciate da Vienna. Da molti mesi l’Unhcr è presente in Italia, oltre che in Austria, Germania, lungo le frontiere marittime e nella rotta balcanica».

Qual è attualmente il vostro impegno in Italia e in Alto Adige in particolare?

«In Italia il nostro lavoro consiste nello stretto monitoraggio della situazione lungo le frontiere, quindi anche al Brennero. Abbiamo effettuato diverse missioni in Alto Adige e siamo in contatto continuo con le associazioni e gli enti impegnati, come Caritas e Volontarius. Stanno lavorando bene».

Effettuerete sopralluoghi al Brennero, quando verranno installate le barriere?

«Certamente».

Come valutate la politica dell’Austria sulla gestione dei flussi dei migranti?

«Siamo molto preoccupati per le decisioni unilaterali prese da un gruppo di Paesi, tra cui Austria, Macedonia e Ungheria. La nostra preoccupazione è aumentata dopo la dichiarazione congiunta dei vertici delle polizie di Austria, Slovenia, Croazia, Serbia e Macedonia. Hanno prospettato una serie di misure, che temiamo possano essere interpretate in modo diverso dai governi, provocando una crisi su minori e soggetti deboli».

A cosa si riferisce?

«Potrebbero essere introdotte procedure che comportano la separazione delle famiglie. Proprio questa settimana l’Unhcr ha lanciato venti punti di appoggio sulla rotta balcanica, dove ormai donne e bambini rappresentano quasi il 60%».

Se verrà adottato il modello di Spielfeld, al Brennero verranno realizzati dei recinti in cui collocare i migranti in attesa di identificazione. Qual è la vostra posizione su questi aspetti logistici?

«Abbiamo firmato delle raccomandazioni per dire che si possono gestire le frontiere in modo ordinato e soprattutto rispettoso delle persone. Chiediamo che le procedure non mettano a rischio la protezione delle persone. È assolutamente necessario tenere conto che si stanno spostando molti bambini e donne sole».

L’Unhcr ha un monitoraggio costante dei flussi. Siete in grado di effettuare previsioni sul Brennero?

«In questo momento la massima allerta riguarda la Grecia, dove decine di migliaia di persone rischiano di trovarsi bloccate. La situazione è fluida, dipende dalle chiusure che verranno effettuate. Se scatterà il blocco contemporaneo di più frontiere, i flussi si moltiplicheranno, in cerca di ogni varco possibile. Allora sì, in Italia, Brennero compreso, gli arrivi potrebbero aumentare sensibilmente».

Per quanto deprecabile dal punto di vista umanitario e della lealtà europea, il pugno di ferro dell’Austria e dei Paesi dell’Est potrebbe disincentivare le partenze dei migranti «economici», che non fuggono da guerre e dittature?

«L’’Unhcr spinge per una gestione rigorosa delle frontiere esterne: chi non ha diritto all’asilo va rimpatriato, proprio per agevolare il riconoscimento dei profughi. Detto questo, per rispondere alla domanda, l’85 per cento degli arrivi via mare, in Grecia e in Italia, è costituito da persone provenienti dai primi dieci Paesi che producono rifugiati, come Siria, Afghanistan, Iraq, Iran, Pakistan e Nigeria. Sul nostro sito internet si possono trovare i grafici dettagliati con le rotte e le provenienze».

Già ora la chiusura delle frontiere sta provocando la concentrazione di migranti in Grecia e altri Paesi. Temete che assisteremo a una escalation con possibili fenomeni di violenza o ribellione? Gli austriaci hanno annunciato l’invio al Brennero di personale specializzato anti sommossa.

«Certo, la concentrazione di migliaia di persone ci preoccupa molto. Si possono verificare fenomeni di violenza interni ai gruppi e tensione alla frontiera. Di nuovo, ci deve essere la massima attenzione per tutelare donne, bambini, anziani. Abbiamo detto che serve una azione responsabile da parte dell’Unione europea per scongiurare ogni escalation. Ci siamo messi a disposizione per intervenire ovunque serva».

Anche al Brennero?

«Sì, con supporto informativo: istituzioni e associazioni in Italia sono in grado di affrontare la situazione, al momento. In Grecia siamo presenti ovunque, forniremo assistenza in Serbia e Macedonia».

Quali le vostre proposte?

«Mettere in pratica le decisioni prese nel 2015. Ciò significa la distribuzione dei profughi all’interno dell’Ue: ci sono Paesi troppo lenti. Aprire le vie legali per facilitare i ricongiungimenti e i visti, per disincentivare il ricorso ai trafficanti di uomini. E ancora, rafforzare l’assistenza materiale e giuridica ai casi più vulnerabili».

Perché l’Europa è così in ritardo nella gestione della crisi?

«Perché per troppo tempo ha fatto comodo che i rifugiati venissero accolti a milioni dai Paesi in via di sviluppo. Ci stiamo accorgendo che nessuna guerra è troppo lontana per non riguardarci».

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