Pronte le lastre della memoria per il muro del lager di via Resia 

Il 25 ottobre l’inaugurazione. Gli ottomila nomi dei deportati nel campo di concentramento di Bolzano scorreranno su “tavole” di vetro ed acciaio, In seguito verranno messi anche i nomi di coloro che hanno aiutato i prigionieri



Bolzano. Eccole, finalmente, le lastre della memoria. Sono di vetro e alcune hanno già il nome. È di chi è passato da via Resia e non è più tornato a casa. O magari sì, ma per miracolo. Oppure vi ha lasciato dolore e lacrime. Ha visto o subito torture . Nessun ebreo passato per Bolzano ha fatto ritorno. Pochissimi i partigiani riuscitici. Ma tutti, comunque, vi hanno visto l’orrore della dittatura e della guerra. Eccole, le lastre di vetro ormai finite. Sono 32, saranno incastonate in un muro di acciaio che sarà posto vicino al vero "muro" del Lager. Sarà un memoriale, quest’opera accanto al percorso e al residuato del campo di concentramento, ecco cosa sarà. Il primo a Bolzano. E le lastre ne diventeranno il cuore. Perché sopra ci saranno ottomila nomi. Donne, uomini, bambini, ragazzi e ragazze, vecchi, operai e professori, ebrei e resistenti, soldati incapaci di dire sì agli occupanti tedeschi o tedeschi fedeli ad un altro credo che non quello nazista. Le lastre sono ancora in mano agli artigiani ma in questi giorni il sindaco, che ha fortemente voluto questa installazione tra contemporaneità d’impianto e storicità di contenuti, ha avuto la conferma che tutto sarà finito in tempo.

Inaugurazione il 25 ottobre

E il tempo, quello dell’inaugurazione, è stato fissato: il 25 ottobre. Sarà comunque un opera in progress questa di Bolzano. Nel senso che, col progredire delle ricerche sulla storia del campo, potranno in futuro essere aggiunti altri nomi a quelli che saranno incisi per ottobre. Perché ha una storia breve la riscoperta di questo luogo. Il quale è stato a lungo ignorato nonostante fosse viva la sua memoria negli abitanti dei quartieri popolari di Bolzano. Tant’è che molti di loro, negli anni in cui il Lager è stato attivo, sono stati coinvolti nel lavoro o magari hanno scelto di rischiare la vita portando cibo e lettere ai prigionieri o lanciando loro del pane mentre salivano sui treni piombati lungo i binari della Zona. È stata la politica a frenare, impegnata nella lunga ricostruzione del dopoguerra, ricostruzione legata qui anche alla convivenza difficile e al fatto che i due gruppi etnici avevano molti scheletri nell’armadio. Gli italiani, vista la loro adesione al fascismo e i tedeschi per l’altrettanto entusiastica accoglienza dei nazisti dopo il ’43. I quali hanno costruito il campo inserendolo nello schema della soluzione finale ebraica, visto che proprio dopo l’8 settembre è stata avviata la pratica degli arresti di massa degli ebrei italiani. Il muro di cinta dell’ex Lager, è stato attivo dal luglio del ’44 al 3 maggio del ’45.

Ed è tutto quello che rimane del Polizei Durchgangslager Bozen, il campo di transito per i Lager della morte oltre il Brennero. Faceva parte dello schema dei quattro campi nazisti messi in piedi dopo l’armistizio dell’8 settembre del ’43 , insieme a quello di Fossoli, Carpi, Borgo San Dalmazzo e la risiera di San Sabba.

Ottomila nomi

Già oggi il muro è affiancato dal “passaggio della memoria” che è una sorta di museo a cielo aperto dove si racconta la storia del Lager. Quando sarà finito, infine, il nuovo “muro” tra vetro e acciaio sarà interattivo, farà scorrere i suoi 8000 nomi come su pagine di un diario del ritorno alla vita, anche per chi è scomparso in quegli anni. Un monito perché il passato non vada perduto. «Lo dovevamo - dice Caramaschi - a loro ma anche a noi, come città». Vivi , di nuovo, tutti gli ottomila, da ottobre. P.CA.

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