Ricercatori bolzanini in campo a difesa di delfini e balene

Maddalena vive a Los Angeles e ne studia il comportamento Il fratello Giovanni è impegnato sei mesi l’anno in Grecia


di Alan Conti


BOLZANO. C'è chi il mare vorrebbe vederlo con qualcuno al fianco e chi, invece, non vede l'ora di guardarlo dentro. Maddalena Bearzi, cresciuta a Bolzano, ha deciso di scoprire il suo mondo sotto le onde. Da 20 anni abita negli Stati Uniti, da 17 anni in California a Los Angeles: sempre con un occhio verso la natura. Lucertole, tartarughe e adesso segue le scie di delfini e balene come pochissimi esperti in ambito internazionale.

La baia di Santa Monica è il libro dei suoi studi, i cetacei li chiama per nome (molti dei quali in italiano) all'interno di un progetto chiamato “Dolphin” che ha creato, cresciuto e che continua a sviluppare. «Studiamo il comportamento di questi mammiferi, ma non ci limitiamo solo alla ricerca. Ora, infatti, è molto importante concentrarsi anche sulla conservazione: tanti delfini non stanno bene e sviluppano lesioni o tumori». Quasi un esercizio di retorica chiedersi di chi sia la colpa maggiore. «Sì, umana. Inutile girarci intorno: l'impatto antropico sta condizionando alcuni aspetti della loro sopravvivenza».

La vita, dunque, la vede spesso tra gli spruzzi di una barca. «Osservazioni vere e proprie ne facciamo tre o quattro volte al mese. Siamo un equipaggio composto da sei persone con la missione di raccogliere il più alto numero di dati possibili. Facciamo foto al corpo dei delfini e delle balene, battezziamo tutti gli esemplari, raccogliamo le scaglie del pesce che mangiano e con gli idrofoni registriamo i suoni che emettono. Il tutto viene poi elaborato a terra». I delfini piacciono a tutti, ma di fronte all'orizzonte dell'oceano il pensiero nuota verso quelli che vengono tenuti in cattività. «Un'aberrazione. Mi devono spiegare come sia possibile tenere animali così sviluppati cerebralmente ed emotivamente in una condizione simile. Non solo, i delfini sono tra gli esseri con una più spiccata natura sociale: in questa modo gliela si nega in modo arbitrario e violento. Non dobbiamo stancarci di dirlo e di cercare di farlo capire alla gente. Non si tratta di un bell’animale sempre allegro e sorridente: c'è molto di più».

Maddalena, come detto, è cresciuta nel capoluogo altoatesino assieme ai genitori e al fratello Giovanni a cui la lega un destino curioso. «Anche lui studia i delfini, addirittura da più tempo rispetto a me che ho seguito anche altri filoni professionali. Vive sei mesi in Puglia e sei mesi in Grecia e ha sotto occhio la situazione europea mentre io conosco più quella americana». Una passione genetica? “Sì- ride – in realtà una parte importante la gioca l'educazione che i nostri genitori ci hanno dato portandoci sempre a vivere la natura a stretto contatto, senza paure né particolari limitazioni. Le devo dire la verità: un po' manca questa cultura ai bambini».

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