festa del lavoro

Saraceno: «Salari bassi e povertà, è un 1° Maggio con poco da festeggiare» 

La sociologa: «Il mondo del lavoro è in forte sofferenza. Ci vorrebbe il salario minimo, ma questo governo non ci sente. Molto da fare anche sulle pari opportunità»



BOLZANO. Buon primo maggio, professoressa…

«Buono no, non lo sembra a guardarsi intorno».

Chiara Saraceno ha in testa un po’ di cifre che ci riguardano: salari bassi, bassissimi, povertà in aumento, occupazione che risale ma di poco, le coperture finanziarie per gli asili nido che sono lontane mille miglia dai parametri promessi e dunque contrastano qualsiasi iniziativa di sostegno alle famiglie.

E guarda con un pessimismo che viene da lontano questi primi mesi di governo.

Lei che con Mario Draghi aveva appena iniziato a rivedere il reddito di cittadinanza e a reimpostare le politiche di welfare diffuso.

E poi le donne: «Non ne parliamo. Siamo al punto di partenza».

È pessimista Chiara Saraceno, una delle più impegnate sociologhe italiane ed europee, quella forse di maggior fama, suoi innumerevoli studi sulla famiglia, la questione femminile, soprattutto sulla povertà e le politiche sociali, docente a Torino e a Berlino.

Il suo ultimo, è un libro che traccia una rotta: «La povertà in Italia», scritto con David Benassi e Enrica Morlicchio.

La abbiamo intervistata sul 1° maggio, Festa dei lavoratori.

Perché con le donne siamo quasi al punto di partenza?

Parto da un episodio: il pnrr che lascia per strada un passaggio che avrebbe dovuto privilegiare le aziende, a proposito di appalti, con il 30% di donne e giovani assunti. Ecco, lo abbiamo riempito di eccezioni. E poi anche questa storia delle donne messe sempre in mezzo ai giovani.

Cioè?

E le donne di una certa età, che ne facciamo?

Dove siamo nel percorso delle grandi sfide su equal pay e quote rosa?

Non me lo faccia dire.

Male?

Ecco, di più. E mi faccia dire un’altra cosa sulle quote rosa. Devo ammettere che non sopporto questo termine.

Quote o rosa?

Tutte e due. Io preferisco da sempre parlare di azioni di contrasto al monopolio blu.

Intende quello maschile?

Certamente. Come si fa a parlare di quota e di rose, quando nel mondo del lavoro quello “blu” è una autentica occupazione degli spazi. In certi settori raggiunge anche il 100%. Di fronte a questa realtà meglio parlare di politiche di contrasto, perché tutto questo va decisamente contrastato.

Partendo da dove?

Dal fatto che, in ogni caso, queste quote riguardano quasi sempre i piani alti. Parlo di cda o di vertici visibili che servono a far notare che si fa qualcosa. Ma poi ai livelli intermedi, quelli della realtà, le politiche di contrasto non sono efficaci.

Come si esce dalla trappola dei nostri salari che ormai stanno ai piani bassissimi nella Ue?

Direi con il salario minimo, tanto per iniziare. Ma vedo che questo governo, qui non ci sente proprio.

E invece?

Sarebbe un abbrivio per cambiare il sistema. E mi riferisco al fatto che noi abbiamo magari una occupazione che risale, la quale tuttavia riguarda contratti precari, situazioni in cui questi stessi contratti sono molto corti nel loro essere determinati. In pratica si parla quasi sempre di lavori poveri. Non in grado di cambiare le cose.

E invece per cambiarle?

Io ho insegnato a lungo a Berlino. Bene, in Germania dove avevano situazioni simili in molti settori, hanno iniziato da quelli di cura, intendo le rsa, gli ospedali per pazienti cronici. Invece in Italia leggo di sindacati che propongono per le rsa salari minimi da 500 euro. Capisce che così non si va da nessuna parte.

Perché si ha così tanta difficoltà a mettere a regime i possibili finanziamenti del Pnrr, che potrebbero incidere sulle politiche del lavoro?

Vuole sentire la vera ragione?

Prego.

Si tratta di persone che continuano a non prepararsi. I parametri in negativo insistono a salire ma non si riesce a elaborare progetti e ad avviare politiche organiche. E vedo uno scollamento tra chi dovrebbe elaborarle e la realtà. Penso ai ritardi o addirittura alla cancellazione delle politiche di orientamento. Il Paese attende chiarezza per quanto riguarda l’indicazione di percorsi che portino i giovani e i lavoratori a inserirsi nel sistema del digitale, delle nuove forme di occupazione. Vorrebbero direttrici precise, politiche fortemente indirizzate e non ondivaghe.

Vede aumentare il divario tra le persone nel lavoro?

Lo vedo. Ma dopo la pandemia noto con preoccupazione che è ancora più visibile anche quello tra donne, altro che quote.

Cosa intende?

Che è aumentata la frattura tra le donne che lavorano con figli piccoli e quelle con figli grandi o senza figli. Crescono le situazioni in cui lavoratrici appartenenti al primo settore non solo succede che vengano espulse dal mondo delle aziende ma anche che si siano impennati gli abbandoni volontari.

Per quali ragioni?

Non ci sono servizi, pochi asili nido, non si sono elaborate politiche riguardo alla flessibilità degli orari, sta saltando il piano di conciliazione e di pari opportunità. E questo lo ha ammesso lo stesso ministro Fitto. Si parla ogni giorno si spostare le scadenze dei singoli impegni di spesa o per il raggiungimento delle quote di sostegno.

In conclusione, professoressa, che primo maggio sarà?

Beh, è un primo maggio che vede il lavoro in sofferenza. E l’orizzonte non fa intravvedere nulla di buono... P.CA.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

 













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