Segretario Pd, scontro su chi potrà votare

Oltre venti firme chiedono lo stop delle primarie aperte. Di Fede: «Non sono d’accordo». Randi: irregolare, non passerà



BOLZANO. Il prossimo segretario del Pd, dopo le dimissioni di Liliana Di Fede, verrà scelto ancora una volta con le primarie aperte a simpatizzanti e iscritti? Così prevedono le regole nazionali del Pd. Ma dentro la maggioranza c’è un gruppo consistente che chiede di affidare la decisione solo agli iscritti. È d’altronde una riflessione che attraversa tutto il mondo dei Dem, se sia corretto affidare la scelta del segretario ad una platea più larga degli iscritti. Clima pesante nel Pd su questo nuovo fronte. E Liliana Di Fede si chiama fuori: «Non condivido, non è questo lo spirito del Pd».

Liliana Di Fede, insieme a un gruppo di lavoro, ha preparato una proposta di modifica dello statuto del Pd Alto Adige. Nei giorni scorsi, in vista della discussione del testo in assemblea, Christian Tommasini, Carlo Costa e una ventina di esponenti della maggioranza hanno presentato una proposta aggiuntiva, che riguarda la procedura di scelta del segretario.

Il Pd dell’Alto Adige è equiparato per Roma a un partito regionale, non provinciale. Il suo segretario va dunque scelto con le primarie aperte, come è avvenuto finora, e non con un congresso tra iscritti, come vale per le sedi provinciali. «Nella nostra modifica dello Statuto del Pd altoatesino chiediamo che venga lasciata la possibilità di scelta sulle modalità di elezione del segretario», spiega Costa, «Vista la nostra realtà a cavallo tra regione e provincia, è opportuno che l’assemblea provinciale possa decidere se proseguire con le primarie aperte o lasciare che il segretario venga scelto dagli iscritti». Tommasini nei giorni scorsi aveva spiegato che «vorremmo che il congresso diventasse l’occasione per riprendere un rapporto forte con gli iscritti e con tutti i territori. Negli ultimi anni non lo abbiamo fatto abbastanza». Nella proposta di Costa e Tommasini c’è anche la richiesta che la commissione del congresso venga poi inglobata, con diritto di voto, nella nuova assemblea provinciale. Alle scorse primarie il tema della composizione della assemblea aveva avvelenato il clima, con uno stillicidio di ricorsi e controricorsi tra maggioranza e gruppo di minoranza di Roberto Bizzo. Liliana Di Fede si smarca dall’iniziativa: «C’è un aspetto politico e un aspetto tecnico. Prima di tutto, le primarie fanno parte del Dna del Partito democratico, che ha sempre cercato di coinvolgere più elettori possibili nelle proprie scelte. In passato ci sono state distorsioni, episodi sgradevoli come le code di stranieri ai gazebo, ma grazie a piccoli accorgimenti come la pre-registrazione, tutto questo, almeno da noi, è solo un ricordo». Poi l’affondo di Di Fede: «Accanto alla filosofia politica, ci sono le regole: ho forti dubbi sulla legittimità della proposta. Per i segretari regionali sono previste primarie aperte». Scettica Di Fede anche sulla richiesta di modifica dello statuto provinciale sulla composizione della assemblea: «Mi sembra una forzatura di cui non sentiamo il bisogno. Questo congresso potrebbe essere un appuntamento per ritrovare equilibrio». Mauro Randi, presidente dell’assemblea provinciale, esponente della minoranza, non ha dubbi. È contrario: «Sono entrato nel Pd perché c’erano le primarie e un certo metodo di lavoro che ha garantito il suo successo. Poi siamo entrati nell’era “qui comando io”, che non ci ha fatto bene. Principi a parte, lo statuto provinciale non può contraddire le regole nazionali. Non ritengo quella modifica approvabile e spero che non si provi a votarla per poi farsela sdoganare da Roma. C’è un modo di fare politica legato al potere che non fa bene al nostro partito». (fr.g.)

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