Sexgate: altre tre minorenni portate a Bolzano

Indagine sul traffico clandestino di ragazze anche prima dell'arrivo delle due minorenni. Al vaglio degli inquirenti anche i contatti Facebook delle baby-prostitute coinvolte nell'inchiesta


Susanna Petrone


BOLZANO. Gli investigatori stanno verificando la posizione di altre tre minorenni, arrivate a Bolzano qualche anno prima delle due baby-prostitute marocchine di via Resia. Le tre ragazze, infatti, erano arrivate dopo che la 46enne arrestata aveva fatto richiesta per il ricongiungimento parentale. Gli inquirenti bolzanini non vogliono lasciare nulla al caso: la 46enne, arrestata perché accusata di immigrazione clandestina e sfruttamento della prostituzione minorile, in passato aveva già chiesto il ricongiungimento parentale per altre tre ragazzine. Non si può escludere, infatti, che la marocchina abbia usato lo stesso «trucco» già in passato. La donna vive in via Resia e oltre un anno fa aveva dichiarato alla frontiera di essere in compagnia di due presunte figlie. Poi però - come hanno scoperto gli agenti della squadra mobile - le giovani erano destinate al mercato della prostituzione minorile di Bolzano. Per questo motivo gli agenti, guidati da Marco Sangiovanni, stanno cercando di capire se anche le prime tre «figlie» della 46enne, erano state fatte entrare in un giro di prostituzione minorile. Per il momento è stato accertato che una delle ragazze - che oggi sono tutte maggiorenni - ha lasciato l'Alto Adige e lavora come badante presso una famiglia italiana. Le altre due donne, invece, non risultano più presenti sul territorio. Ma l'indagine, coordinata dal pm Donatella Marchesini, non si ferma qui: gli esperti della polizia stanno setacciando i contatti su Facebook delle due baby-prostitute. Le due diciassettenni, infatti, che ora si trovano in una struttura protetta, avrebbero numerosi «amici» sul noto social network. Tra questi ci sarabbero anche alcuni degli otto uomini finiti sul registro degli indagati. Gli investigatori attendono il rientro in Italia della marocchina 25enne - al momento latitante - che avrebbe controllato il giro delle due baby-prostitute. La professionista, infatti, sarebbe pronta a rivelare i nomi di altri presunti clienti delle due minorenni. La donna, inoltre, difende la 46enne che si trova nel carcere femminile di Rovereto. Quest'ultima, infatti, sarebbe sempre stata all'oscuro di quello che accadeva. Dichiarazioni che però non convincono gli inquirenti che da un anno seguono l'indagine. Secondo gli investigatori non ci sarebbero dubbi sul coinvolgimento della donna finita in manette. Dalla delicata indagine emerge che la 46enne marocchina si recava in Marocco per poi farsi pagare ingenti somme dalle famiglie delle ragazze. Il denaro, infatti, tra i 5 mila e 8 mila euro, era il costo per far entrare in modo illegale le giovani ragazze in Italia. Ma se la famiglia non aveva a disposizione l'intera somma, allora la 46enne, insieme alla prostituta di 25 anni, chiedevano alle stesse minorenni di «guadagnarsi da vivere». Ed è così - sempre secondo gli inquirenti - che alla fine le ragazze si prostituivano, visto che le stesse famiglie d'origine avevano spiegato loro di fare «tutto quello che veniva loro chiesto».

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