Il processo

Si frattura l’anca in casa e poi muore di setticemia 

Un medico indagato, ma dopo oltre due anni di indagine la Procura ora ha chiesto l’archiviazione. La moglie ha presentato opposizione per alcune criticità cliniche. Ritardi per un antibiotico


Mario Bertoldi


BOLZANO. E’ morto per una setticemia aggressiva sviluppatasi in pochi giorni dopo l’applicazione di un catetere a seguito di un ricovero per frattura dell’anca. Una lesione grave, soprattutto se colpisce una persona anziana. Ma il paziente, che aveva 92 anni, era in ottime condizioni fisiche e nulla lasciava presagire che una banale caduta in casa (che aveva provocato una microfrattura all’anca in un primo tempo neppure rilevata) avrebbe potuto finire in dramma.

L'altra mattina la vicenda è stata ricostruita nel dettaglio davanti al giudice delle indagini preliminari Peter Michaeler. I famigliari del paziente bolzanino, deceduto il 19 agosto 2019, hanno infatti esercitato opposizione alla richiesta di archiviazione depositata a conclusione dell’indagine penale avviata a seguito di un esposto.

Secondo la pubblica accusa (sostituto procuratore Igor Secco) non sarebbero infatti emerse responsabilità specifiche a livello clinico anche se la grave infezione (poi sfociata in setticemia) si sarebbe sviluppata a seguito dell’applicazione di un catetere, della tardiva individuazione del batterio responsabile ed infine della mancata somministrazione (per ben cinque giorni) di un efficace antibiotico.

Sul registro degli indagati è finita una dottoressa in servizio in una clinica privata cittadina (a cui il paziente era stato affidato per un periodo di riabilitazione dopo alcuni giorni in astanteria al pronto soccorso dell’ospedale di Bolzano) ma la Procura non ha mai ritenuto neppure di formulare un capo d’incolpazione.

La richiesta di archiviazione si basa sull’esito di una consulenza che la stessa Procura ha affidato al dottor Dario Raniero, medico legale di Verona secondo il quale - pur ricordando alcune presunte criticità sul fronte diagnostico e terapeutico - non ha ritenuto di poter individuare una correlazione diretta tra la gestione del paziente colpito dall’infezione e l’evento morte. Tra il resto il decesso avvenne per un infarto al miocardio che però si ritiene possa essere stato provocato dalla setticemia che negli ultimi giorni era andata via via aggravandosi.

Con il criterio che prevede di superare “ogni ragionevole dubbio” non è possibile affermare - scrive il dottor Raniero nella consulenza - «che le criticità sollevate sul comportamento dei sanitari relativamente alla gestione diagnostico-terapeutica possano essere in correlazione causale o concausale con il decesso del paziente».

Il consulente parla anche di «naturale evoluzione peggiorativa delle condizioni senili e patologiche». Ed è proprio su questo punto che in udienza l’avvocato Federico Fava, legale della famiglia del paziente deceduto, ha insistito ritenendo necessario procedere ad alcuni approfondimenti (a titolo di integrazione istruttoria) prima della decisione.













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