Sicurezza alimentare, nutrire il mondo in futuro non sarà facile

Tagliavini: “Bisogna salvaguardare l’agro-biodiversità. Sì ai programmi di miglioramento genetico”


di Cornelia Dell'Eva


BOLZANO. Alle giornate della Cooperazione, anche la Conferenza internazionale Sicurezza alimentare nel Sud e nel Nord del mondo. Tra i relatori Massimo Tagliavini, preside della Facoltà di Scienze e Tecnologie della Libera Università di Bolzano.

Professor Tagliavini, cosa si intende quando si parla di “sicurezza alimentare”?

Si tratta di garantire la disponibilità di una sufficiente quantità e qualità di alimenti per nutrire una popolazione mondiale ancora in aumento e che si stima raggiungerà i 9 miliardi tra meno di 40 anni. Si pensi inoltre che una parte dei prodotti agricoli è ora impiegata per produrre energia e pertanto non tutto il terreno coltivabile è utile per produrre alimenti. In sintesi si stima che serva un aumento della produzione alimentare (oggi nel suo complesso pari a circa 4 miliardi di tonnellate) del 70% entro il 2050.

Quanto è sicura la nostra alimentazione oggi?

In realtà il sistema anche da noi è relativamente fragile e non esistono elevate scorte alimentari per far fronte a lunghi periodi di crisi. A livello mondiale la situazione è ancora più complessa. Molte stime concordano sul fatto che l’aumento delle quantità di alimenti prodotte per unità di superficie, in media pari al 20% tra il 1985 ed il 2005, non sia sufficiente. D’altronde non è pensabile un’ulteriore forte espansione delle superfici coltivate, che avrebbe un impatto ambientale enorme sul rilascio di gas serra, sulla biodiversità e sulla qualità dei suoli e delle acque.

“L’agire di ognuno di noi è fondamentale”, scrivono gli organizzatori presentando l’evento “Nutrire il mondo”. Quale comportamento da parte del consumatore contribuisce alla sostenibilità della produzione alimentare?

Come consumatori abbiamo tutti una grande responsabilità e possiamo dare un contributo rilevante. Diminuire i consumi, soprattutto quelli di origine animale, e ridurre gli sprechi sono a mio avviso fondamentali in questo contesto. Se nei Paesi in via di sviluppo si perde già in campo, prima della raccolta, fino all’80% del potenziale raccolto, nelle società post-industrializzate, gran parte degli sprechi avviene durante la commercializzazione o dopo l’acquisto da parte dei consumatori, a casa.

L’economia altoatesina vede nell’agricoltura un settore determinante. Quali sono i punti di forza e di debolezza dell’agricoltura in Alto Adige?

Si tratta di un’agricoltura nel complesso in buona salute anche grazie alla forte integrazione con il turismo ed alla stretta cooperazione tra diversi attori che operano lungo le diverse filiere. La montagna è comunque un ambiente difficile dove fare agricoltura ed è relativamente fragile e sensibile al cambiamento climatico. Alcuni settori dell’agricoltura di montagna dovranno vincere sfide importanti tra cui quella legata all’aumento dei costi di produzione.

Diversi progetti di cooperazione allo sviluppo nel campo dell’agricoltura sono volti a preservare la biodiversità. Secondo lei è la giusta strada da percorrere?

Ritengo particolarmente importante salvaguardare l’agro-biodiversità ed in particolare quelle specie, varietà e razze locali che a volte rischiano l’estinzione, ma che rappresentano da un lato una risorsa economica per il presente (si pensi ai prodotti tipici) e dall’altro una garanzia per l’agricoltura del futuro, nei programmi di miglioramento genetico.













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