Slot machine, gestori costretti a pagare

I responsabili dello Joben di via Alessandria e del Marwa di Oltrisarco risarciranno il Comune con 3.500 euro a testa


di Mario Bertoldi


BOLZANO. Incredibile ma vero. Ci sono ancora gestori di locali pubblici che non intendono rassegnarsi e avviano azioni legali contro Comune e Provincia per difendere il diritto di attivare nei propri esercizi le cosiddette «macchinette mangiasoldi» con videopocker e affini. Il nuovo contenzioso al Tar era stato attivato dal locale «Joben Bar» di via Alessandria 33 e dalla «Caffetteria Marwa» di via Claudia Augusta 41 anni. Entrambi i gestori chiedevano l’annullamento delle ordinanze con cui l’amministrazione comunale nelle scorse settimane avevano disposto la rimozione dei giochi illeciti, attivati in violazione della normativa provinciale che ha posto dei limiti precisi alla possibile attivazione di nuovi impianti-gioco. L’ordinanza, che il Tar ha pienamente confermato, era un vero e proprio aut aut in quanto veniva ordinato la rimozione degli apparecchi da gioco disponendo “la sospensione dell’attività dell’esercizio pubblico fino all’avvenuta rimozione dei giochi illeciti”. Andato a vuoto il tentativo di ottenere la sospensione del provvedimento in attesa di entrare nel merito, i due esercizi in questione saranno ora costretti ad adeguarsi, pena la sospensione dell’attività. Non solo. Entrambi i gestori autori dei nuovi ricorsi sono stati anche condannati al risarcimento delle spese a favore del Comune di Bolzano (per aver dovuto affidare ad un legale la costituzione in giudizio) quantificate in 3500 euro a testa. Le due sentenze sono ben argomentate con le motivazioni giuridiche che hanno portato alla decisione dei giudici. In primo luogo si fa riferimento alle disposizioni della legge provinciale in materia che ha come obbiettivo non certo il contrasto al gioco illegale o al mantenimento dell’ordine pubblico (competenze riservate al legislatore statale). In sentenza il Tar rileva che la legge dispone la rimozione degli apparecchi da gioco «in ragione della loro prossimità a determinari luoghi che potrebbero, da un lato indurre al gioco soggetti psicologicamente più vulnerabili o immaturi (quindi maggiormente esposti all’illusione di conseguire vincite e facili guadagni), dall’altro lato creare problemi di viabilità e di inquinamento acustico alle aree ninteressate». Non ha trovato riscontro la tesi secondo la quale l’ordine di rimozione degli apparecchi avrebbe dovuto essere notificato al noleggiatore degli i mpianti e non ai titolari dei locali.«L’obbligo di rimuovere gli apparecchi da gioco - scrivono i giudici - colpisce in via diretta il titolare della licenza di pubblico servizio in quanto unico soggetto che ha la disponibilità esclusiva del locale». Nelle due sentenze i giuci del Tar (presidente Margit Flak Ebner, consiglieri Del Gaudio, Pantozzi, Michaeler) ricordano anche il pronunciamento del Consiglio di Stato dell’agosto 2013 in cui si ricorda che «la tutela del consumatore. la prevenzione della frode, il contenimento della propensione al gioco, (ma solo se idonee allo scopo e perseguite in modo coeremte e sistematico) possono giustificare restrizioni alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi.

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