Speck “sdoganato” in Usa

Il via libera degli americani all’export di salumi riguarda Bolzano e altre 4 regioni italiane



BOLZANO. Via libera definitivo, da parte degli Stati Uniti, all’importazione di salumi italiani, speck compreso. Ma solo da quattro regioni italiane (Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Piemonte) e dalle province di Bolzano e Trento. La misura scatterà dal prossimo 28 maggio e riguarda in particolare salami, pancette, coppe, culatelli, speck ed altri salumi caratterizzati da una stagionatura più e meno lunga e prodotti da aziende del Nord Italia. D’ora in poi potranno, dunque, essere importati negli Stati Uniti.

È stato infatti pubblicato nei giorni scorsi il provvedimento con cui le autorità statunitensi di Aphis (Animal and Plant Health Inspection Service) hanno ufficialmente riconosciuto “l'indennità” di Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto, Piemonte e delle Province autonome di Trento e Bolzano, dalla malattia vescicolare del suino.

«Un evento epocale», lo definisce l'Assica, l'associazione che riunisce le industrie italiane della carne e dei salumi, perché una delle aree più importanti per la produzione di salumi supera, dopo oltre 15 anni di lavoro, una delle barriere non tariffarie che impediscono il pieno sviluppo delle esportazioni italiane di salumi nel mondo.

«Si tratta di un primo importante risultato del percorso intrapreso da Assica per avviare l'esportazione negli Stati Uniti di importanti prodotti della salumeria italiana come il salame, la pancetta, la coppa o il culatello - afferma Lisda Ferrarini, presidente Assica -  Negli Usa la conoscenza del made in Italy è molto diffusa (e i nostri prodotti sono anche molto imitati): i prodotti alimentari italiani sono particolarmente apprezzati come dimostrano gli acquisti di prosciutti crudi, prosciutti cotti e mortadelle che, già da anni, possono essere esportati». La situazione dello speck, in realtà, era parzialmente diversa proprio per le differenti caratteristiche della stagionatura. Secondo l'Assica le perdite per il settore dovute alle barriere non tariffarie si possono stimare in circa 250 milioni di euro l'anno di mancate esportazioni, di cui almeno una cinquantina di milioni riguardanti, appunto, salumi e affini.

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