il racconto

«Stavo per morire in casa, mi ha salvato mio figlio»

La mattina del 9 agosto 2022 si è svegliato in ospedale. Non ricorda nulla. Due mesi prima era caduto in bici sbattendo la testa, suo figlio lo ha trovato privo di sensi e ha chiamato i soccorsi


Maddalena Ansaloni


BOLZANO. È il pomeriggio dell’8 agosto 2022, quando Stefano Dallago, imprenditore di una ditta di traslochi bolzanina e grande appassionato di bicicletta, viene trovato in casa da suo figlio privo di sensi. Non risponde a nessuno stimolo, il ragazzo chiama immediatamente i soccorsi e contatta un amico di famiglia medico, che si precipita in loro aiuto. Al Pronto soccorso la situazione è critica, una Tac cranica evidenzia un ematoma cerebrale, formatosi a seguito di una precedente caduta in bicicletta. Dallago viene portato con urgenza in sala operatoria, dove l’intervento si conclude con successo. Si sveglia il giorno dopo nel reparto di terapia intensiva, con la voce di un’ infermiera che gli sussurra che è andato tutto bene. Delle 24 ore precedenti non ricorda nulla. Nonostante la fasciatura in testa non prova dolore, e dopo una degenza di sette giorni viene dimesso.
Nell’arco di due mesi torna a lavorare e a praticare sport. Oggi, a quasi un anno di distanza da quel terribile pomeriggio, sente ancora sulla pelle le sensazioni provate su quel letto di ospedale, dopo una notte passata sotto i ferri, a lottare per la vita. «Voglio ringraziare ancora tutti coloro che hanno contribuito alla mia guarigione», racconta al nostro giornale, «In particolare il dottor Antonio Ria e la sua equipe del reparto di Neurochirurgia di Bolzano, che ha eseguito l’intervento. Ringrazio anche i dottori Cecchi, Frontera, Ferri, che hanno seguito la mia degenza, tutto lo staff infermieristico, la segretaria Antonella, gli amici Roberto e Maria e tutti coloro che mi hanno confortato in quella situazione», prosegue, «Persone straordinarie a cui va tutto il mio personale riconoscimento».

Cosa ricorda del suo risveglio in ospedale?
Ricordo la gentilezza delle infermiere, e una forte confusione iniziale. Nella stanza è entrato un medico pneumologo, un conoscente che aveva riconosciuto il mio nome in pronto soccorso. Vedendolo ho pensato di tutto, anche di essere stato contagiato dal Covid e di essere andato in coma.

Non collegava la situazione all’incidente in bicicletta?
Assolutamente no. Era avvenuto due mesi prima. Ero a Cesena con altri ciclisti, quando uno di loro mi ha urtato facendomi cadere a terra. Ho battuto la testa con violenza, ma avevo il casco e sono rimasto vigile. All’ospedale mi hanno chiesto se avessi perso i sensi, avevo male, ma non sembrava una situazione a rischio, quindi non mi è stata fatta la Tac e me la sono cavata con qualche punto di sutura. Confrontandomi con i medici dopo l’intervento, ho scoperto che allora era ancora probabile che non si vedesse nulla. Gli ematomi si formano a distanza, e il mio era come un rubinetto che perde.

Suo figlio è stato il primo a soccorrerla?
Sì, per fortuna era in casa, altrimenti adesso non so se potrei raccontarlo. Vedendomi a terra ha reagito subito, chiamando il 118 e anche un mio amico medico. Mio figlio ha 23 anni, ed era appena tornato da una vacanza con i suoi amici, non doveva neanche essere qui e mi ha salvato la vita.

Nella lettera che ci ha inviato ci teneva particolarmente a ringraziare i medici e l’intero personale sanitario che l’ha seguita.
In reparto ho avuto a che fare con persone straordinarie. Finché non lo si vede con i propri occhi, non si capisce il lavoro che fanno medici e infermieri. Sono stato ricoverato nella settimana di ferragosto, e nonostante ci fosse meno personale non mi è stato fatto mancare nulla. Le infermiere che mi hanno seguito in terapia intensiva erano giovanissime, ragazze di poco più di vent’anni che sono quotidianamente a contatto con le peggiori disgrazie. Ho trovato una professionalità e un’umanità incredibile.

L’incidente non le ha tolto la passione per la bicicletta. Che effetto ha fatto tornare in sella?
È stato un gran sollievo risalire sulla bicicletta dopo 40 giorni. Nel primo periodo mi sono limitato a pedalare in città e dintorni, ma i miei pensieri andavano già all’edizione 2023 della manifestazione ciclistica «Chase the sun». Si tratta di una pedalata non competitiva con partenza da Cesenatico e arrivo a Tirrenia, per un totale di 288 chilometri e 3.200 metri di dislivello. Lo scorso 24 giugno, al sorgere del sole, sono partito dal porto di Cesenatico e dopo 10 ore e 20 minuti ho tagliato il traguardo a Tirrenia. Lì mi aspettava mia moglie. Confesso che all’arrivo ho pianto. Un pianto liberatorio di quelli che fanno bene.
©RIPRODUZIONE RISERVATA













Altre notizie

Attualità