Stazione, la storia raccontata in una mostra

Inaugurata «L’era del treno a Bolzano»: fa discutere il contrasto con il progetto futuristico di Podrecca



BOLZANO. È amata, nonostante tutto. Quando doveva essere spostata, Bolzano ha raccolto per la sua stazione più firme che per piazza Vittoria. E se mai avesse dovuto accadere, bene, allora doveva essere ricostruita pietra su pietra, come il tempio di Assuan. La stazione è dentro Bolzano, bene al centro. Forse troppo. Ci passano davanti più auto che in tangenziale. Ma ha una storia che racconta della vita e del ruolo del capoluogo meglio di tanti monumenti più illustri.

È questa storia che si scorre lungo i pannelli della mostra allestita nell'atrio dal Curatorio per i Beni tecnici e culturali. Dice che Bolzano è nata come luogo in cui valesse la pena arrivare, quando è nata la stazione. Erano gli anni in cui gli ingegneri imperial-regi pensavano che fosse arrivato il momento di collegare velocemente il Tirolo al Veneto. A Verona, in particolare. È il 1859 quando Luigi (Alois) Negrelli definisce la tratta e inaugura la stazione. Anni difficili. Anni di guerre risorgimentali.

Da sud arrivavano le minacce piemontesi e del neonato Regno d'Italia e Verona, improvvisamente, poteva diventare fronte. Meglio potersi muovere in fretta. Poco dopo Bolzano diventa snodo. Si realizza la ferrovia per Merano (1881) e, passati pochi anni, quella per l'Oltradige (1898). Il Comune, col suo capo ufficio tecnico Gustav Nolte, vuole ampliarla già nel 1909 ma la guerra mondiale è alle porte. Ci riuscirà il fascismo. Nel 1928 l'architetto romano Angiolo Mazzoni firma il ridisegno che vediamo ancora oggi.

Come vediamo le due statue, a rappresentare l'elettricità e il vapore, sul frontale, firmate da Franz Ehrenhoefer. Fascismo o no, la stazione diventa bene culturale. Una testimonianza di arte e di ingegno. Di una storia che ha fatto di Bolzano un centro turistico di prim'ordine. Grazie alla ferrovia.

E grazie al Curatorio è una storia impossibile da dimenticare. Dice Wittfrida Mitterer, anima del Kuratorium: «Si è cercato il passato per leggere il presente. E proprio adesso che ci si presenta anche il futuro. Non è un caso che nella locandina della mostra, la storica immagine della stazione nel 1928 sia affiancata dal rendering del progetto per l'areale». Mazzoni e Podrecca, dunque. A quasi un secolo di distanza, la stazione si riprende in mano un destino di continua innovazione.

Ed è importante che, proprio in questa prospettiva, la stazione abbia salvato (anche grazie al Kuratorium), la sua storia materiale: facciata, statue littorie, vicinanza alla città. Anche nella nuova Bolzano, la stazione resterà al suo posto. Ora, grazie anche a questa esposizione, che racconta la storia della stazione, anche i bolzanini avranno modo di aprire una finestra sugli scenari futuri che, puntando sulla salvaguardia dell’edificio principale, trasformeranno l’intero areale ferroviario.

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