La lettera

Struggente ricordo: «Cara moglie, sei insostituibile: ora proteggerò io i nostri figli»

Scrive il marito della donna deceduta per una polmonite. Una lettera tra la rabbia e lo strazio.



BOLZANO. Lei è morta il 31 gennaio del 2018 a causa di una polmonite che il suo medico di base non avrebbe riconosciuto. Un errore per il quale, qualche giorno fa, in sede penale, la dottoressa è stata condannata a un anno e sei mesi di reclusione (pena sospesa) per omicidio colposo.

Le motivazioni della sentenza si conosceranno solo fra poco meno di tre mesi e il ricorso in appello da parte della difesa della professionista appare scontato. Sul fronte civile, invece, l’assicurazione sanitaria ha liquidato ai familiari della donna, sposata e madre di due figli, un milione e 200 mila euro.

Ma in una vicenda come questa c’è qualcosa che va oltre gli aspetti giuridici, non ancora definitivi, e quelli risarcitori. C’è il dolore per la perdita di una moglie, di una madre e di una figlia. C’è la rabbia per una morte assurda arrivata al termine di un percorso che, secondo i parenti, avrebbe potuto e dovuto avere tutt’altro esito.

Ed è di tutto questo che parla la lettera inviata all’Alto Adige dal marito della donna deceduta. Eccola.

***

«Finalmente dopo quattro anni è stato dimostrato che mia moglie, deceduta di polmonite nel 2018, è stata vittima di un grave caso di malasanità. Non poteva essere diversamente, peraltro, dato che la dottoressa di medicina generale, medico di base di mia moglie, anche dopo una visita domiciliare aveva riconfermato che i sintomi della malattia erano quelli di una lunga influenza stagionale che non necessitavano il trattamento con un antibiotico: sul cartellino ambulatoriale aveva riportato che “i polmoni erano liberi”, ... ma dopo 17 ore da tale diagnosi mia moglie moriva a casa, nel suo letto e dunque non in ospedale come erroneamente riportato negli articoli di giornali. Un caso di malasanità grave, riassunto da un Giudice intervenuto nel procedimento in questi termini: “È la prima volta, sinceramente, di dire che mi capita di vedere tutti gli elementi della colpa in uno stesso caso, cioè, negligenza, imprudenza ed imperizia, e forse è il caso più grave che io abbia visto nella mia carriera”.

Nonostante, o forse a causa, della gravità del fatto, il nome della dottoressa non è stato riportato negli articoli di giornale e tale fatto mi ha molto stupito.

La dottoressa è stata condannata, a seguito dell’applicazione di varie attenuanti ad 1 anno e sei mesi di reclusione con sospensione della pena, a fronte di una pena massima prevista dal codice di 5 anni di detenzione ed a fronte di una richiesta del pubblico ministero di una condanna di 2 anni e 4 mesi. La Guardia Medica, coinvolta nel processo solo nel secondo semestre 2020, per essere stata contattata due volte il sabato in assenza del medico di base, è stata invece assolta, nonostante il Pubblico Ministero ne avesse richiesto la condanna ad 1 anno di reclusione.

In conclusione, in virtù del beneficio della sospensione della pena, la dottoressa in questione potrà verosimilmente continuare ad esercitare, come verosimilmente ha anche fatto in questi ultimi quattro anni, senza che nessuno dei suoi attuali e potenziali pazienti sia informato della condotta colposa per la quale è stata condannata. Condotta concretizzatasi tra l’altro nel non aver inviato tempestivamente in ospedale mia moglie e comunque prescritto Tachipirina ed OKI anziché un antibiotico, il quale se somministrato in tempo utile sarebbe risultato efficace, come rilevato dai periti intervenuti nel procedimento. L’imperizia o negligenza, come anche si voglia qualificare la condotta della dottoressa, ha dunque tolto a mia moglie ogni possibilità di salvare il bene più prezioso della vita.

Si potrà sostenere che il risarcimento pecuniario ha dimostrato la buona volontà della dottoressa di rimediare alle proprie colpe, ma di certo, è superfluo dire che qualsiasi cifra non potrà mai compensare il suo imperdonabile errore. Cifra che peraltro, suddivisa tra le sei persone aventi diritto, ed al netto, per la mia quota, di 1/3 per spese e parcelle dei professionisti impegnati nel procedimento, non sarà nemmeno in grado di coprire i costi per un supporto nella gestione domestica della famiglia per tutti gli anni a venire.

Non so se, quando, e come l’Ordine dei Medici della Provincia di Bolzano interverrà per quanto di sua competenza in questa vicenda. Certo è che provvederò ad informarlo personalmente, chiedendo che vengano presi gli opportuni provvedimenti nei confronti della dottoressa. Così poi potrò rispondere alla domanda che mi ha posto mia figlia dopo pochi mesi della perdita della mamma. “… mica farà ancora la dottoressa?” Si sa, i bambini, esprimono i pensieri con lucida logica. Con l’amara riflessione che i miei bambini, a differenza di quelli della dottoressa, non potranno mai più godere dell’amore materno.

Con inesauribile impegno e immensa fatica cerco di colmare qualcosa di insostituibile, la mamma, concentrando tutte le mie energie sui miei figli, mantenuti estranei da tutto il decorso processuale, e ai quali trasmetto serenità e amore, cosa che mia moglie ha fatto fino all’ultimo momento di vita. Non posso far altro che dare amore per salvarci da tutto questo. Mia moglie era dottoressa in lingue e letterature straniere, insegnante d’inglese a tempo parziale per gestire tutte le principali faccende familiari. Dopo tanti anni di Mamma a tempo pieno era finalmente riuscita a completarsi iniziando a lavorare come insegnante, attività sempre agognata.

Cara moglie, oltre ad amarti per quello che eri, provavo per te una grande ammirazione perché eri una persona retta, simpatica fiduciosa nel prossimo con un forte senso morale e sei stata una persona tra le più intelligenti che io abbia conosciuto.

In tribunale è stata posto un importante punto fermo alla vicenda giudiziaria. I due medici, in particolare la dottoressa di medicina generale, dovranno comunque confrontarsi per sempre con la propria coscienza. Un cittadino di Bolzano vedovo con due figli orfani di madre».













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