Tangenti Ipes, Grando consegna nuovi documenti in procura

Il funzionario annunciato oggi in Procura: tutti sapevano come funzionava. Dopo l’interrogatorio di garanzia svoltosi in carcere poche ore dopo l’arresto in giugno, Grando non si è mai sottoposto ad interrogatorio


Mario Bertoldi


BOLZANO. Nella mattinata di oggi Stefano Grando, il funzionario Ipes indagato per corruzione nell’ambito dello scandalo che ha travolto l’ente, consegnerà importanti documenti al sostituto procuratore Axel Bisignano. Dopo l’interrogatorio di garanzia svoltosi in carcere poche ore dopo l’arresto in giugno, Grando non si è mai sottoposto ad interrogatorio. Sugli episodi di presunta corruzione, elencati nella corposa ordinanza di custodia cautelare, il funzionario continua a tacere. «In attesa di conoscere nel dettaglio gli incartamennti in mano alla Procura - ha confermato anche ieri l’avvocato difensore Marco Ferretti - preferiamo attendere. Potremo difenderci al meglio solo quando il quadro accusatorio sarà definito». Nel frattempo Stefano Grando ha deciso di non stare comunque alla finestra.
E' proprio per questo che oggi consegnerà al magistrato una serie di documenti che dovrebbero provare, secondo lui, che la gestione degli appalti per i lavori di manutenzione dei palazzi Ipes fu sempre fatta alla luce del sole secondo consuetudini di cui anche i vertici dell'istituto erano perfettamente a conoscenza. Nell'ordinanza di custodia cautelare le accuse nei confronti di Grando, per presunti episodi di corruzione, sono comunque dettagliate. Perchè dunque Grando, invece di difendersi nello specifico degli episodi contestati, continua ad alimentare un filone in aperta polemica con i vertici dell'istituto? «Semplicemente - spiega il suo avvocato Marco Ferretti - perchè intende in primo luogo dimostrare che tutte le decisioni sulla gestione degli appalti venivano vagliate dalle commissioni preposte e che il sistema era da tale da non permettere certo quegli spazi di totale discrezionalità da parte di un funzionario spesso ipotizzati dagli inquirenti».
Le iniziative difensive di Stefano Grando sono per ora del tutte isolate. Il suo collega ad amico Peter Kritzinger (che ha ammesso in una intervista al nostro giornale di aver ritirato una microtangente destinata proprio a Grando) per il momento continua a tacere. Il suo legale, l'avvocato Giancarlo Massari, ritiene che non sia ancora giunto il momento di un interrogatorio «liberatorio» in grado - forse - di segnare una svolta nella delicata inchiesta. Che alcuni funzionari Ipes avessero trovato il modo di arrotondare lo stipendio con regali e microtangenti, Peter Kritzinger lo ha ammesso candidamente nell'intervista al nostro giornale. Al punto da ammettere di aver ottenuto soldi in contanti in occasione di un suo compleanno in quanto le ditte compiacenti non avevano sborsato il necessario per permettere l'acquisto di un cappotto in loden, indicato dall'interessato come regalo gradito.
«Erano semplici doni» ha sempre sostenuto Kritzinger, quasi infastidito dal termine più tecnico di «microtangente». Negare di aver incassato regali e denaro sarà difficile. La difesa cercherà però di dimostrare che le «dazioni» non sarebbero mai avvenute a fronte di atti amministrativi illegittimi nella gestione dei lavori di manutenzione degli alloggi dell'Istituto. Una tesi che mira per lo meno a derubricare in «corruzione impropria» l'ipotesi accusatoria che prima o poi finirà al vaglio del tribunale. Nell'inchiesta gli episodi di presunta corruzione a carico di Stefano Grando non mancano. Quelli indicati nell'ordinanza di custodia cautelare sono cinque, in gran parte caratterizzati dalla consegna di somme di denaro di entità ridotta. Per i due funzionari Grando e Kritzinger il quadro accusatorio resta comunque severo. La Procura infatti ritiene che le indagini abbiano permesso di appurare che l'assegnazione dei lavori sarebbe stata fortemente condizionata dal rapporto di compiacenza dei diversi piccoli imprenditori coinvolti. Esattamente il contrario di quanto ora Grando intende dimostrare davanti alla magistratura sostenendo che in realtà tutto sarebbe avvenuto con il coinvolgimento dei vertici dell'istituto.

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