Tangenti Ipes, l'accusa di Grando"Un sistema, tutti sapevano"

Negli interrogatori, il funzionario dell’ente si è difeso affermando che per primo denunciò la situazione del tutto anomala e inadeguata con cui venivano sistematicamente gestiti ogni anno migliaia di lavori di manutenzione. Grando accusa i piani alti dell’istituto di non aver voluto intervenire


Mario Bertoldi


BOLZANO. Stefano Grando, il direttore dei servizi per l’inquilinato dell’Ipes attualmente in carcere con l’accusa di corruzione, si prepara al contrattacco. Nei verbali dei due interrogatori cui è stato sottoposto in carcere alla presenza del suo avvocato Marco Ferretti, il funzionario dell’ente si è difeso affermando che per primo, quando prese servizio all’Ipes, denunciò la situazione del tutto anomala e inadeguata con cui venivano sistematicamente gestiti ogni anno migliaia di lavori di manutenzione del patrimonio immobiliare dell’istituto. Stefano Grando, insomma, si difende accusando i piani alti dell’istituto di non aver voluto intervenire per ottenere un maggiore controllo nella gestione dei lavori.
«Mi era subito sembrato inadeguato che si gestissero tanti lavori senza criteri rigorisi di controllo» accusa dal carcere Stefano Grando il quale puntualizza anche di essere stato il primo a chiedere l’istituzione di commissioni in grado di valutare le varie offerte degli artigiani per una gestione più trasparente dei lavori.
L’anomalia del sistema di gestione dei lavori all’Ipes era dunque stata denunciata pubblicamente e sarebbe stata sotto gli occhi di tutti. Però nessuno, neppure ai piani alti della Provincia, decise di intervenire. Che l’Ipes fosse diventata una «gallina dalle uova d’oro» per molti artigiani era noto a tutti. Dalle parole di Stefano Grando (che si è ormai rassegnato a stare in carcere sino al 19 agosto, giorno in cui scadrà il periodo di detenzione cautelare) sembra emergere una denuncia pubblica importante: da anni la gestione dell’Ipes avrebbe nascosto «appettiti» proibiti e alla fine tutti o quasi si sarebbero adeguati. Una denuncia pubblica (Grando ha annunciato tramite il suo legale una conferenza stampa subito dopo la scarcerazione) che nasconde anche una mezza giustificazione sui motivi che avrebbero indotto l’ex direttore dei servizi all’inquilinato ad accettare la logica della microtangenti posto che è documentale l’incasso (tramite Peter Kritzinger) di denaro che lo stesso Grando avrebbe avuto intenzione di utilizzare per le ferie.
Visto che quello era il sistema, sembra di capire, anche Grando si sarebbe adeguato. Vedremo se la tesi riuscirà a resistere all’impatto delle prime verifiche di carattere processuale. L’ex direttore, però sembra in grado di documentare quando chiese espressamente l’istituzione di alcune commissioni per decidere l’assegnazione dei lavori di manutenzione degli immobili.
Il processo alle tangenti facili che avrebbero caratterizzato anni di lavoro nel comparto manutenzione, rischia comunque di trasformarsi in un duello tra i due più importanti funzionari dell’ufficio. Su un fronte come detto Stefano Grando, direttore del Centro servizi all’inquilinato formalmente superiore a Peter Kritzinger nell’organigramma dell’Ipes.
Le intercettazioni telefoniche dei carabinieri lo hanno sempre indicano come funzionario legittimato ad assegnare incarichi diretti alle ditte. Secondo gli inquirenti Grando avrebbe avuto anche il potere e la facoltà di indire o perlomeno preparare le gare d’appalto connesse sempre al settore della manutenzione.
Proprio nell’ambito di questo suo ruolo, Stefano Grando ha sempre avuto una serie di contatti diretti con imprese e artigiani. Nella relazione inviata dai carabinieri in Procura, Grando venne indicato come «assolutamente e gravemente corrotto», certamente più scaltro e efferato (scrissero ancora i carabinieri) del suo principale complice, cioè Peter Kritzinger con il quale sarebbe stato legato da un «patto scellerato».

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