Tangenti Ipes, Moser confessa"Pagavamo per poter lavorare"

La confessione resa ieri nel tardo pomeriggio nel corso dell’interrogatorio reso al pubblico ministero nel carcere di Bolzano (alla presenza degli avvocati difensori Alberto Valenti e Nicola Nettis) segna una svolta nell’inchiesta. Per la prima volta gli inquirenti hanno in mano un riscontro diretto del teorema della Procura della Repubblica


Mario Bertoldi


BOLZANO. «Si pagava per lavorare perchè questo prevedeva il sistema con cui veniva gestita l’assegnazione dei lavori di manutenzione all’Ipes». L’atto di accusa è firmato da Mirco Moser, l’imprenditore al centro di centinaia di intercettazioni dei carabinieri ed indagato su due fronti, quello dei prestiti a tassi usurari e quello delle microtangenti che avrebbero regolato il flusso dei lavori alle varie ditte che già facevano parte della «griglia» delle aziende abilitate. La confessione resa ieri nel tardo pomeriggio nel corso dell’interrogatorio reso al pubblico ministero nel carcere di Bolzano (alla presenza degli avvocati difensori Alberto Valenti e Nicola Nettis) segna una svolta nell’inchiesta. Per la prima volta gli inquirenti hanno in mano un riscontro diretto del teorema della Procura della Repubblica. Mirco Moser ha dunque ammesso di aver consegnato somme di denaro ai funzionari Ipes per ottenere l’assegnazione dei lavori. Non c’era una percentuale fissa ma la «legge» silenziosa imposta all’interno dell’Istituto per l’edilizia sociale imponeva dazioni in denaro di alcune centinaia di euro per ogni incarico di un certo valore. Mirco Moser ha anche indicato i propri referenti all’interno del sistema Ipes. Era Peter Kritzinger l’uomo di riferimento, la persona a cui avrebbe in più occasioni consegnato denaro in contante. Nessun rapporto, invece, vi sarebbe mai stato con Stefano Grando, il direttore del servizio inquilinato di cui Kritzinger era il braccio destro. Le dichiarazioni rese ieri pomeriggio in carcere da Moser sono un atto di accusa pesantissimo. Quello prospettato dall’imprenditore in carcere è un contesto ambientale concussorio ove gli imprenditori si muovevano sapendo di dover pagare per poter ottenere incarichi di lavoro. Nessuno chiedeva tangenti espressamente, ma tutti (o quasi) tra gli imprenditori sapevano che se non avessero pagato si sarebbero messi automaticamente fuori dal sistema che regolava l’assegnazione dei lavori. Già in occasione dell’udienza di garanzia, Mirco Moser aveva iniziato a collaborare facendo le prime, timide, ammissioni. «Preciso che ho vinto il primo appalto di manutenzione idraulica nel 2005 - si legge nel verbale dell’interrogatorio in carcere del 14 giugno scorso - Nel 2005 c’erano già Grando e Kritzinger mentre Rebecchi l’ho conosciuto verso il 2008. Con Grando non ho mai avuto contatti perchè era troppo in alto, avevo contatti con Kritzinger». Ma sul sistema di assegnazione dei lavori nel primo interrogatorio Mirco Moser aveva cercato di...salvare il salvabile. «Voglio precisare - aveva detto - che i lavori che mi sono stati dati dall’Ipes, mi sono stati dati a seguito di gara alla quale hanno partecipato 15-20 ditte facendo l’offerta e la vincono 4 ditte». Si tratta, per la precisione, della gara con cui l’Ipes ha formato le «griglie» delle ditte abilitate ad intervenire per la manutenzione degli immobili dell’istituto. I singoli lavori venivano poi assegnati su decisione dei funzionari preposti a seconda del lavoro da effettuare. E’ in questo contesto che si pagava. «Preciso che io ho avuto contatti solo con Kritzinger - dichiara nel verbale di interrogatorio Mirco Moser - ma offrivo 1000 euro a testa, quindi anche per Grando. Davo questi soldi per poter continuare a lavorare».

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