Tbc, i poliziotti:«L’avevamo detto»

Il sindacato Siulp: «Da due anni chiediamo protocolli sanitari più efficaci»



BOLZANO. La notizia di agenti che hanno contratto la tubercolosi non coglie impreparati gli operatori di sicurezza. «Da due anni - spiega Mario Deriu, il rappresentante del sindacato di polizia Siulp - facciamo presente questo problema sia a livello nazionale che locale, e avanziamo richieste di procedure di sicurezza sanitaria più severe ed efficaci». Che alla fine qualche agente abbia contratto la malattia polmonare infettiva è solo la conferma di un timore diffuso tra gli agenti.

«La nostra dotazione a riguardo, utilizzata solo in determinate circostanze, si limita a guanti in lattice e mascherine; noi invece vorremmo che si impostasse un cordone sanitario efficace». Al Brennero, posto di frontiera dove sempre più spesso gli immigrati e i profughi vengono respinti verso l’Italia dalle polizie austriache e tedesche, gli agenti vorrebbero un servizio di screening permanente contro le malattie infettive. «Purtroppo invece la maggior parte di queste persone sfugge ai controlli sanitari finché riesce, e nel frattempo viene trasportata sui nostri mezzi, è costantemente a contatto con il personale e inevitabilmente qualcuno si ammala».

La preoccupazione tra gli agenti è palpabile, afferma il sindacalista, «Se ne parla quotidianamente, e si teme di restare infettati e finire per portare a casa e in famiglia il problema».

Quello che serve è un cambio di passo e di sensibilità da parte della politica e della catena di comando, «serve una revisione generale dei protocolli operativi, altrimenti chiunque di noi potrebbe essere esposto al rischio di ammalarsi; al momento non è possibile stabilire con certezza quanti si noi siano stati infettati, ma se le cose non cambiano sicuramente i casi emersi non saranno gli ultimi».(rik)

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