Test settimanali nelle aziende, forti dubbi degli imprenditori 

Attività economiche. Negozi chiusi da lunedì, la rabbia dei commercianti. Confesercenti: «Sacrificio chiesto solo  ad alcuni». L’Unione: «Ci sarà una reazione forte». Domani flashmob in piazza Magnago. Achammer promette ristori


antonella mattioli


Bolzano. Da lunedì chiudono i negozi - ad eccezione di alimentari, farmacie, edicole e negozi che vendono beni necessari alla vita quotidiana previsti dai codici Ateco - e la decisione della Provincia, che da giorni ripeteva che la situazione è “critica ma sotto controllo”, provoca la dura reazione, delle categorie, Confesercenti ed Unione; alla quale si associa anche l’Unione albergatori. Le aziende produttive e quelle artigiane potranno invece continuare a lavorare, ma alla condizione che settimanalmente sottopongano a test i dipendenti. Cosa questa che preoccupa Assoimprenditori e Cna: ci sono infatti molti dubbi su come si possa soddisfare questa richiesta. Chi organizza i tamponi su 120-130 mila lavoratori del settore privato, considerato che quotidianamente in Alto Adige si testano in media non più di 7-8 mila persona ? Chi li paga i tamponi? «Domani (oggi, ndr) - ha detto ieri il presidente Arno Kompatscher - avrò un incontro in videoconferenza con i rappresentanti di imprenditori e artigiani, per vedere come ci si può organizzare. Coinvolgeremo la sanità e la protezione civile, ma è importantissimo in questa situazione testare il più possibile, per ridurre la diffusione del virus che corre veloce e minaccia di accelerare ulteriormente con l’arrivo della variante inglese».

Assoimprenditori e Cna

«Molte nostre aziende - spiega il presidente di Assoimprenditori Federico Giudiceandrea - i test li fanno già da mesi: si sono organizzate e si accollano le spese. Pur di lavorare siamo disposti a tutto. Ma solo nelle aziende della nostra associazione sono occupate 42 mila persone, non so come si possa rispondere alla richiesta della Provincia. Dove troviamo medici ed infermieri che eseguono i test?Aspettiamo indicazioni dalla Provincia anche se è bene ricordare che i contagi non avvengono sul posto di lavoro, ma fuori: noi abbiamo un protocollo di sicurezza rigoroso da far rispettare. Di qui la mia richiesta di responsabilizzare la popolazione, aumentando i controlli delle forze dell’ordine». Più critico Claudio Corrarati, presidente della Cna, perché le piccole aziende artigiane hanno difficoltà maggiori: «Ci mettiamo a disposizione, ci dicano però chi organizza il servizio di test, dove dobbiamo mandare i dipendenti e chi paga. La cosa assurda è che mentre in Alto Adige si fa un nuovo lockdown, nel vicino Trentino dal 17 febbraio si scia: impianti chiusi a Obereggen e aperti a Pampeago. È la dimostrazione che la gestione altoatesina ha fallito completamente».

Unione e Confesercenti

Il settore del commercio è allo stremo: per molti negozi oggi è l’ultimo giorno di apertura; quindi serrande abbassate per tre settimane. Ricordiamo che, con la nuova ordinanza, anche bar e ristoranti che avrebbero dovuto riaprire il 16 febbraio, rimarranno chiusi fino al 28 febbraio. Federico Tibaldo e Elena Bonaldi, rispettivamente presidente e vice di Confesercenti, criticano il “lockdown a macchia di leopardo in cui il sacrificio si chiede sempre alle solite categorie”; contestano anche il modo in cui sono state annunciate le nuove chiusure, dopo che per giorni si era ripetuto che la situazione era sotto controllo: «E a poche ore dalla chiusura, non c’è ancora l’ordinanza». Decisione “priva di senso”, così la definisce il presidente dell’Unione commercio Philipp Moser: «La via sudtirolese ha fallito, il commercio è a terra. Ci sarà una forte reazione delle aziende». Per domani alle 10 in piazza Magnago è previsto un flashmob dei commercianti. Critico nei confronti di Moser, il segretario dell’Asgb Toni Tschenett: «Un blocco deve sempre essere l’ultima spiaggia, ma al momento non ci sono alternative». Di “rabbia e disperazione” tra gli albergatori parla Manfred Pinzger, presidente dell’Unione albergatori: «I nostri associati non capiscono come mai solo loro e parte del commercio debbano chiudere. Ad aggravare la situazione c’è che mancano gli indennizzi per aziende e collaboratori».

Le promesse di Achammer

Il governatore Arno Kompatscher ieri ha detto che serviranno centinaia di milioni, per fronteggiare la crisi provocata dal virus: «Non chiediamo un euro in più a Roma, ma regole per poterci indebitare. Speriamo di chiudere questa settimana». Intanto l’assessore Philipp Achammer in parallelo sta lavorando ad un pacchetto di aiuti provinciali che devono sommarsi a quelli statali. «Per le piccole imprese - ha detto - pensiamo ad un contributo a fondo perduto per chi ha registrato almeno un 30% di entrate in meno; meccanismi diversi per le medie imprese, sempre per chi ha avuto un taglio del 30%. Metteremo a disposizione una somma considerevole».

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