Toponomastica senza fine 

Il ricorso. La Provincia ottiene un nuovo rinvio (a luglio) dell’udienza della Corte costituzionale sulla legge del 2012 L’obiettivo è evitare una sentenza «tombale» sul tema. Domani dibattito alla sala Fronza con Bizzo, Urzì e Vezzali 



Bolzano. Toponomastica e Corte costituzionale, una storia infinita. Non si terrà alla Consulta l’udienza del 2 aprile dedicata alla legge provinciale sulla toponomastica del 2012 impugnata dallo Stato. È stato accordato un nuovo rinvio, l’ultimo di una lunga serie. La nuova udienza è stata fissata al 2 luglio, ma è probabile che non si terrà. Per quella data il consiglio provinciale dovrebbe avere approvato la legge che cancella il testo del 2012, facendo così cadere le ragioni dell’impugnazione. Il rinvio è stato chiesto dalla Provincia. Come motivazione è stato portato proprio il disegno di legge di soppressione della legge del 2012, approvato in commissione legislativa e pronto per la discussione in consiglio provinciale. Non c’erano però i tempi tecnici per approvare la nuova legge entro il 2 aprile. «Abbiamo chiesto il rinvio e ci è stato accordato, come è ovvio, visto che è in dirittura di arrivo una legge di abrogazione del testo impugnato», riferisce il presidente Arno Kompatscher.

L’impugnativa risale al dicembre 2012 (governo Monti). Da allora è iniziata una serie di rinvii legati all’impegno di rivedere la legge. La Provincia non nega i motivi per cui l’obiettivo primario è evitare che la Corte costituzionale arrivi a sentenza sulla toponomastica: la bocciatura della legge è data per scontata. Ma non solo: con la sentenza la Consulta fisserebbe una serie di paletti sulla toponomastica che renderebbero molto complicata ogni azione legislativa sul tema. Ecco perché, in assenza di una norma di attuazione capace di aggirare l’ostacolo, è stata decisa la strategia dell’abolizione della legge, per evitare la sentenza.

«In realtà hanno già perso il treno», è invece convinto Alessandro Urzì (Alto Adige nel cuore-Fratelli d’Italia), che ribadisce la propria posizione: «Il principio del bilinguismo in Alto Adige, come sancito dallo Statuto, è già stato fissato dalla Corte costituzionale. Lo ha fatto attraverso la sentenza del settembre 2018 con cui ha dichiarato illegittima la legge regionale che istituiva il comune di Sèn Jan di Fassa - Sèn Jan. Il nome corretto, rispettoso delle norme sulla toponomastica deve essere San Giovanni di Fassa - Sèn Jan. Al di là del comune fassano, nella sentenza sono contenute indicazioni precise sul bilinguismo in Alto Adige». Dopo la sentenza su Sèn Jan il costituzionalista Francesco Palermo si era espresso in modo più dubitativo rispetto a Urzì.

Il dibattito

Proprio alla toponomastica è dedicato il dibattito che si terrà domani alla sala Fronza di via Dalmazia (ore 19). Lo organizza la associazione culturale Cer (Conoscenza, etica, responsabilità) e ha come titolo «Toponomastica in Alto Adige. Argomento chiuso?. Achille Ragazzoni introdurrà la serata con alcuni cenni storici, moderazione affidata all’ex presidente del consiglio provinciale Maurizio Vezzali. Al tavolo come relatori si confronteranno Urzì e Roberto Bizzo, già presidente del consiglio provinciale e componente della Commissione dei Sei nella scorsa legislatura. FR.G.

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