«Trivelle, votando sì si dice basta idrocarburi»

Il geologo Tozzi: «Se si continua così non riusciremo a liberarci dall’inquinamento Bisogna cominciare a invertire la rotta: in Italia 100 mila morti l’anno per smog»


di Paolo Piffer


BOLZANO. Domani, dalle 7 alle 23, seggi aperti per il referendum sulle trivelle. La consultazione sarà valida se andrà alle urne almeno il 50% più 1 degli aventi diritto.

Gli elettori saranno chiamati a decidere di abrogare, o meno, la norma che attualmente consente alle società petrolifere di estrarre gas metano e petrolio entro le 12 miglia nautiche dalle coste italiane (cioè nelle acque territoriali) senza limiti di tempo, ovvero fino ad esaurimento dei giacimenti. Votando Sì, una volta terminate le concessioni, le piattaforme per l’estrazione degli idrocarburi dovranno essere smantellate.

Votando No tutto rimarrà come adesso e le società potranno, al termine della concessione, se petrolio e gas ce ne fosse ancora, ottenere le deroghe previste dalla normativa per dare “fondo” al giacimento.

A livello nazionale, il referendum è stato promosso da nove Regioni, preoccupate per le conseguenze ambientali e per i contraccolpi sul turismo, e sostenuto da oltre 160 associazioni ambientaliste e non.

Mario Tozzi, geologo, ricercatore del Cnr e divulgatore scientifico con più di una trasmissione in Rai, domani alle 14.30 sarà nell’aula del Palazzo istruzione di Rovereto per Educa, la tre giorni sui temi dell’educazione promossa dal Consolida (il sistema delle cooperative sociali trentine) dove presenterà il suo ultimo libro, “Tecnobarocco”, dialogando con Alberto Faustini, direttore dell’ “Alto Adige” e del “Trentino”.

«C’è più di una buona ragione – attacca – per andare a votare e votare Sì».

E quali sono queste ragioni?

«Il primo motivo è questo. Non capisco perché, in Italia, ci debbano essere dei beni, che sono di tutti, che non debbano essere soggetti ad una concessione temporanea, come, peraltro, prevede anche l’Unione europea. Invece, con la situazione attuale, concediamo ai petrolieri lo sfruttamento illimitato del giacimento, nel tempo. Non va bene. C’è poi un motivo di carattere simbolico. Votando Sì facciamo capire che di idrocarburi non ne possiamo più. Il futuro, secondo quanto ha sottoscritto anche l’Italia a Parigi (la Cop 21), va nella direzione di un sempre minore utilizzo degli idrocarburi».

Ciò presuppone la volontà di un cambio di paradigma, di una svolta nel modello di approvvigionamento energetico.

«Per forza. Se si continua su questa strada non riusciremo mai a svincolarci dall’inquinamento. In Italia ci sono 100 mila morti all’anno causati dall’inquinamento dell’aria, ricordiamocelo».

Quindi, su cosa sarebbe necessario insistere?

«Gli strumenti ci sono già. Qualche esempio. Oggi in Italia il fabbisogno elettrico viene soddisfatto, per il 40%, dalle fonti rinnovabili e siamo il primo Paese al mondo produttore di pannelli solari. Ed è un circuito economico virtuoso. È ora di riconvertirsi, non di continuare a fare buchi».

Contro il referendum c’è un fuoco di fila non da poco. Il presidente del consiglio Matteo Renzi invita a non andare a votare, l’ex presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, lo ritiene “pretestuoso”. Secondo lei perché?

«Non lo capisco proprio. Anche perché agli altri quesiti referendari che facevano parte del “pacchetto” originario e che erano molto più “pesanti”, il governo ha messo mano, su invito della Consulta. Invece, sull’unico rimasto in piedi, quello, almeno apparentemente, meno significativo, non è intervenuto. Avrebbe potuto disinnescarlo come fatto con gli altri. Ma non è successo niente. A questo punto c’è da sospettare che ci siano sotto altri interessi».













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