«Troppi poteri a Palazzo Widmann? Non è secessione» 

Bressa, candidato al Senato: «Fin dall’inizio l’autonomia significava autogoverno. Ogni passo si basa su questo»


di Francesca Gonzato


BOLZANO. Gianclaudio Bressa aveva detto «smetto, non mi ricandido». Si avvia alla sesta elezione, in corsa per il Senato nel collegio di Bolzano, blindato dall’accordo tra Pd, Svp e alleati. «Lo pensavo veramente, il fatto del fare altro, è andata in modo diverso», racconta Bressa, che ieri come sottosegretario agli Affari regionali (di fatto ministro facente funzioni) ha firmato l’accordo storico con i presidenti di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna che pone le basi per una maggiore autonomia delle tre regioni.

Così Bressa si racconta (intervista con il direttore del giornale Alberto Faustini).

Nato a Belluno, di cui è stato sindaco, adesso che il Veneto diventa un po’ «speciale» anche lei tornerà ad essere veneto?

«L’unico che parla di me come un bellunese è Bizzo, ma quello è un caso non politico. È un’altra cosa...».

Strana la vita: l’accordo preliminare che lei ha appena firmato come rappresentante del governo è possibile grazie a un emendamento del 2001 che portava la sua firma.

«Nella riforma costituzionale del 2001 riuscii a fare inserire quell’emendamento, che in commissione venne votato solo da me, Boato e Zeller, ma in aula trovò il favore anche di D’Alema e passò. Quell’emendamento era nato dalla mia esperienza di sindaco di Belluno, a confronto con i colleghi di Trento e Bolzano. Non sono un cuore tenero, ma oggi (ieri, ndr) ero quasi commosso, diciamo».

Cosa accadrà nel concreto con le tre regioni?

«La pre intesa riguarda il passaggio di quattro competenze: politiche del lavoro, istruzione, salute e ambiente. Inizieranno le trattative per gestire l’effettivo passaggio dei poteri e i finanziamenti».

Candidato per forza? Non è molto credibile.

«Era davvero la mia intenzione, poi mi sono trovato in un meccanismo che è andato oltre la mia persona. La Svp, che ha affrontato un rinnovamento radicale della squadra parlamentare, mi ha chiesto di restare».

Quindi ha ragione, chi sostiene che la Svp ha scelto anche i candidati del Pd.

«In realtà il Pd ha approvato a larghissima maggioranza la mia candidatura, si sono lamentati solo Bizzo e Luisa Gnecchi. Il discorso è più complesso del bollino di partito su un nome. C’è un progetto di rappresentanza territoriale. Avendo una esperienza non banale, è chiaro che la potrò giocare per la rappresentanza territoriale. Perché questo mi sento, un esponente di questo territorio».

Da anni lei, come cinghia di trasmissione tra Bolzano e Roma, ha un ruolo chiave nella partita dell’ampliamento dell’autonomia. Non è così che si costruisce la secessione «gentile»?

«No. Tutte le competenze si inseriscono in un quadro unitario. L’autonomia speciale nasce come fatto politico, perché alla base dell’accordo Degasperi-Gruber c’è proprio l’autogoverno. Tutti i passi hanno poi seguito quel principio».

Il governo provinciale prima o poi potrebbe svoltare a destra, come in Austria. Non crede a quel punto che l’autonomia integrale (o quasi) si rivelerà un giocattolo pericoloso dal punto di vista della convivenza?

«L’autonomia è per me un dato istituzionale inscalfibile. È compito della politica decidere come interpretarla. La mia preoccupazione verso la destra riguarda l’Italia, non l’Alto Adige».

Perché la Provincia, caso unico, può permettersi di non applicare la sanzione sui vaccini obbligatori senza che arrivino gli ispettori ministeriali?

«Non so come stia procedendo l’assessora Stocker. I margini di manovra della Provincia sono limitati, perché la salute pubblica non è un ambito di autonomia amministrativa. “No vax” o non “no vax”, dovranno valutare come si muovono».

Una parola definitiva sulla candidatura di Maria Elena Boschi a Bolzano?

«Una delle tante candidature della classe dirigente Pd».

Non crede che sia il segno anche della debolezza della classe dirigente del Pd locale, che non è riuscita a esprimere una propria candidatura?

«No, il Pd è in grado di esprimere candidature competitive. Il tema è che la rappresentanza territoriale di Bolzano non è paragonabile a quella di altre regioni. Il primo dovere di un parlamentare è difendere e ampliare l’autonomia speciale. Le candidature devono tenere conto della capacità che hai di tenere testa nelle battaglie romane, dove notoriamente le autonomie speciali non contano su un club di fans. Sotto questo profilo, Maria Elena è una garanzia».

In questa campagna elettorale bolzanina avete visitato molte aziende e preso aperitivi con i professionisti. Intanto CasaPound «batte» i quartieri popolari.

«Non abbiamo rinunciato a parlare con certi gruppi, a interessarci di lavoro e pensioni, ma vogliamo parlare con tutti».

Si parla solo di sicurezza.

«Ma i dati sui reati non sono mai stati tanto bassi. Il problema allora è politico e culturale. Ci vorrà tempo, mentre è tipico dei populisti spacciare soluzioni semplificate».

Quale governo?

«Giochiamo per vincere e se serve continuità, credo che avremo Gentiloni premier».

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