Tubercolosi, 60 nuovi casi in un anno

Il vice primario Triani: «La situazione è stabile». Il servizio pneumologico controlla tutti i profughi: «Nessun malato»



BOLZANO. La tubercolosi a Bolzano è un problema reale? Secondo il pneumologo dell’Azienda sanitaria, Antonio Triani, la situazione è stabile dal 2005. Complessivamente, ogni anno vengono registrati sessanta nuovi casi di Tbc in provincia di Bolzano. «Una situazione simile a molte altre regioni d’Italia - spiega il medico -. Anzi, la media nazionale è più alta della nostra».

A Bolzano e Merano si registra il numero più elevato. Una concentrazione che si spiega con le caratteristiche della città (un dato inteso come densità abitativa e possibilità di contagio). «Il sistema sanitario altoatesino ha una struttura efficace. Viene valutato ogni caso di Tbc sul territorio - prosegue Triani -. Anzi, possiamo dire con orgoglio che il servizio pneumologico aziendale è composto da uno staff preparato: siamo dieci medici e tutti abbiamo sviluppato una sorta di “sensibilità” verso la Tbc. Abbiamo imparato a riconoscerla in poco tempo. Facciamo molta formazione per capire e interpretare persino le sfumature su una radiografia. Non solo: siamo quelli che hanno creato una linea guida per il resto d’Italia. Infine: tutti i profughi che arrivano da Lampedusa a Bolzano passano dal nostro ambulatorio. Facciamo il test e le radiografie. Possiamo tranquillizzare la popolazione: nessuno tra loro aveva la tubercolosi». La Tbc è una malattia complessa. I sintomi: stanchezza, febbre, sudorazione notturna, perdita di peso e tosse. Esiste la Tbc “aperta” (infettiva, che si trova nei polmoni) e quella “produttiva”. «Può essere curata con degli antibiotici - spiega il medico -. I profughi? Chi entra in contatto con la Tbc in Etiopia o Somalia sta così male che non riesce ad arrivare in Libia e i profughi che arrivano qua vengono tutti controllati». Chi invece proviene da Paesi dell’Est (dove la Tbc è più frequente anche tra i giovani) a causa degli accordi di Schengen non viene sottoposto al test. «All’inizio si voleva debellare questa malattia - racconta Triani -, ma non è stato possibile. Il sistema italiano è ottimo ma si è un po’ abbassata la sensibilità. Per questo facciamo molta formazione. In Alto Adige il servizio punta a riconoscere il problema ancora prima che la malattia “esploda”. Tutti possono accedere allo screening. Dal test scopriamo persino se una persona ha una tubercolosi “latente”. In parole povere: sappiamo se è entrata in contatto con la Tbc negli ultimi tempi», conclude il vice primario.

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