Udienze solo in tedesco per i genitori italiani

Dalla Svp ulteriore freno per scoraggiare le iscrizioni di bimbi dell’altro gruppo Hofer: «Famiglie esasperate». Tommasini replica: «Da noi modello di eccellenza»


di Francesca Gonzato


BOLZANO. Convincere e scoraggiare. È questa la strategia che la Svp adotterà per ridurre il numero dei bambini italiani e stranieri nelle scuole materne tedesche. Le linee dell’assessore Philipp Achammer sono state annunciate per sommi capi dopo la seduta di giunta. In attesa della traduzione in delibera o in disegno di legge, trapela una delle misure di cui la Svp sta discutendo. Oltre alla centralizzazione delle iscrizioni a Bolzano, Merano e Laives (i bimbi non di madrelingua dal 2018-201 non avranno più diritto al posto nella scuola indicata dai genitori), alle insegnanti verrà chiesto di utilizzare rigorosamente il tedesco nei colloqui con i genitori, non solo nelle comunicazioni scritte. Nella quotidianità capita che le insegnanti utilizzino l’italiano, di fronte a genitori che non parlano tedesco o lo parlano male. «In futuro tutte le comunicazioni nelle scuole tedesche saranno in tedesco, non solo i documenti scritti. È giusto così. Non per cattiveria, ma perché questa è una delle segnalazioni che ci arrivano», spiega Sylvia Hofer. La consigliera comunale fa parte del gruppo di lavoro della Svp di Bolzano sulle scuole. Achammer lo aveva lasciato intuire, parlando tra l’altro della necessità «che i genitori siano in grado di garantire una adeguata assistenza ai figli nel percorso scolastico in tedesco». Rilancia Sylvia Hofer: «Si illude chi pensa che sia sufficiente iscrivere i figli alla scuola tedesca perché imparino la lingua. È necessario che la famiglia li accompagni. Sia chiaro che non parliamo delle famiglie mistilingui». Per quanto riguarda le classi, ricorda Sylvia Hofer, «Le famiglie sudtirolesi ci hanno chiesto di agire: nei gruppi con due bambini tedeschi, 8 italiani e 10 stranieri, cioè nei casi più estremi, quale lingua ci si immagina che venga parlata? Le maestre provano a insistere con il tedesco, ma di fronte a bimbi che non capiscono, è inevitabile passare all’italiano. Ma le nostre famiglie hanno il diritto statutario alla scuola nella madrelingua».

La Svp di Bolzano aveva chiesto ad Achammer di prevedere il test di ingresso in tedesco (proposta già fallita negli scorsi anni). «Le misure anticipate sono un buon primo passo», commenta la consigliera. Secco no anche da parte sua a una ipotesi di scuola mista, come terzo modello facoltativo accanto alla scuola tedesca e italiana: «La scuola nella madrelingua è la nostra base, è ciò che ha consentito finora di conservare la nostra identità culturale. Non ci muoveremo da qui. Secondo l’assessore Tommasini la scuola italiana è la scuola trilingue. Bene, ma non sembra che stia sfondando questo modello. I numeri sarebbero ben diversi e non ci troveremmo a parlare del problema della scuola tedesca. Si elogia molto il modello ladino, ma i ladini commettono errori sia in italiano che in tedesco. Possiamo iniziare a dirlo?».

IL MODELLO ITALIANO. L’ha detto anche Achammer, «le famiglie italiane scelgono le scuole materne tedesche anche per il modello pedagogico, non solo per la lingua». L’assessore Christian Tommasini ricorda che le scuole materne italiane sono basate su «modelli pedagogici di eccellenza» e riassume, «mentre per il mondo dell’infanzia di lingua tedesca, è fondamentale l’approccio ludico allo spazio aperto (interno ed esterno), e laboratoriale, in quello di lingua italiana la dimensione esterna è meno evidente a favore di attività progettuali ed esperienze (sempre ludiche) nell’area linguistica e matematica. Ma la scuola dell’infanzia in lingua italiana si connota soprattutto per una forte collaborazione con i servizi del territorio, per costruire il percorso intra-extra scolastico più idoneo, attento ai bisogni di ogni bambino. Ad esempio i costanti percorsi condivisi con il servizio di riabilitazione, di neuropsichiatria, servizi sociali.

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