Urzì sicuro: vado al ballottaggio

Patto di ferro con Donato Seppi e Lillo: «Alto Adige nel cuore, FI e Unitalia, il centrodestra è qui»


di Paolo Campostrini


BOLZANO. «Questa volta le domande le faccio io». Prego, Urzì...«Ditemi: la nostra città è più sicura oggi di dieci anni fa? Più pulita? Si vive meglio? Il traffico scorre, le case sono protette? Chi mi risponde di sì, voti pure Spagnolli». Alessandro Urzì apre il giornale. Sembra un bollettino di guerra. «E' una Bolzano che non riconosciamo più», dice. Ed è su questa Bolzano scomparsa che il centrodestra tenta l'inseguimento a Spagnolli, a chi l'ha governata da dieci anni. «Una Bolzano pattumiera», aggiunge Donato Seppi. Che si è rimesso in gioco perché "il miglior programma era rimettersi insieme". Donatone picchia duro: «Siamo i dimenticati dell'Alto Adige. La Provincia ci ammolla i pesi ma non ci alleggerisce di niente. Basta con il piegare la testa». Ed Enrico Lillo: «Il sindaco ci accusa di seminare il panico. Ma il panico lo vive la città per causa sua. Dopo dieci anni di governo la gente finisce all'ospedale con 40 punti di sutura in faccia mentre cammina per Piazza Erbe». Ecco l'alternativa per il 10 maggio. «L'unica in campo», annuncia Urzì. Che è candidato sindaco di uno schieramento che era partito a pezzi e che ha ritrovato, tra gli scogli di una Lega autodecisionista e pantirolese e i distinguo della Tomada, la strada per rimettere insieme i cocci. Che sono, a ben guardare, i tre principali partiti dello schieramento: Forza Italia, Unitalia e Alto Adige nel cuore. «Siamo il 95% dell'area», calcola Lillo. «E speriamo che Michaela nostra (Biancofiore ndr) ci lasci lavorare. Vero Enrico...?», gli sibila accanto Seppi. Per questo i tre insistono nel chiamarsi coalizione. Ed è sempre Donatone che va al dunque della questione: «Eravamo a pezzi perché ognuno si credeva il migliore. Oggi qui, ognuno di noi ha invece rinunciato a qualcosa. E ve lo dice uno che ha rinunciato a molto. Ma quello che ci unisce basta per provarci. L'unità è il vero programma. Gli altri, pochi, non ci sono perché non hanno voluto esserci». Ma il programma è chiaro. Prende dentro tutto ma punta sull'idea di Bolzano. «Ognuno di noi ne aveva una - dice Urzì - ed era comunque un'idea di città accogliente, sicura e pulita. Adesso non lo è più. Siamo tutti spaesati. Noi non fomentiamo le paure, ci guardiamo intorno e vediamo luoghi irriconoscibili. Mendicanti ovunque, spaccio e cloache a pochi metri dal municipio e dalla Provincia, furti. E se si tollera l'illegalità del racket di giorno allora è chiaro che di notte le questioni si complicano. Il risultato è che i bolzanini non solo sono insicuri quando escono ma lo sono anche dietro le mura domestiche». E' dunque sull'immagine complessiva del capoluogo, la sua "decadenza" per usare una parola molto usata ieri alla presentazione del programma urziniano, che si insiste. E che non riguarda soltanto la sicurezza e il decoro. «E' il modo con cui si è trascurata la strategia per arrivare ad una città autenticamente capitale - commenta il candidato sindaco- che ci fa dire basta. Accordi in consorzio dei Comuni penalizzanti solo per Bolzano, l'arrivo del termovalorizzatore senza vantaggi nella bolletta rifiuti, una arginale lasciata a metà da dieci anni, tasse a livelli mai raggiunti da qualsiasi altro comune della provincia. Questa è la Bolzano che ci lascia in eredità la giunta Spagnolli. Ah dimenticavo: e nessuna opera realizzata». Ma c'è anche spazio per l'urbanistica. «Noi - dicono i tre - non diciamo di non prendere in considerazione un privato come Benko. Ma un conto è non gettare un'opportunità, un'altra subire i progetti altrui senza avere mai la forza di portare avanti i propri». E Lillo: «Sono decenni che la cantina di Gries chiede di portare avanti i suoi di progetti. E il Comune anche in questo caso, ha dovuto aspettare Benko». Urzì punta al ballottaggio e poi a vincere. «E se succederà mi ridurrò subito lo stipendio. Come ho chiesto con la mia legge, bocciata, in Provincia». E le donne? «Non le esibiamo come trofei ma ci battiamo perché siano cancellati tutti gli ostacoli che ancora le penalizzano sul lavoro e anche nella politica».













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