Vitalizi a 66 anni: pressing per aggirare la legge Monti

Trovata una postilla del dicembre 2012 che consente di bypassare la normativa Asse Svp-Upt per una soluzione più soft. E in Consiglio riappare Munter


di Chiara Bert


BOLZANO. Vitalizi d’oro. Trattative febbrili, non ufficiali, attorno alla legge che dovrebbe concretizzarsi a breve. Si fronteggiano il partito dei più determinati e di chi vuole mediare con gli ex consiglieri, che attraverso Franz Pahl minacciano ricorsi a pioggia. Ieri è ricomparso in consiglio provinciale Hanspeter Munter (Svp), che faceva parte dell’ufficio di presidenza del consiglio regionale che ha steso le contestate delibere attuative della legge 6 del 2012. Munter si è fermato a parlare con Veronika Stirner Brantsch e Florian Mussner, entrambi componenti attuali dell’ufficio di presidenza regionale, che domani tornerà a riunirsi per discutere della legge. Nella Svp c’è chi ha chiesto di non rinnovare la tessera a Munter e Pahl, per prendere le distanze dagli ex che remano contro il taglio ai vitalizi d’oro. È ancora aperto il fronte del voto palese, quando la legge arriverà in aula. L’attuale regolamento regionale non prevede voto palese, i Verdi lo hanno chiesto. Se ne parlerà mercoledì nella seduta dei capigruppo.

Tra le trattative aperte, quella sull’età pensionabile. C’era una volta la legge voluta da Mario Monti. Diceva che per avere diritto al vitalizio i consiglieri regionali dovevano avere due requisiti: 66 anni di età e almeno 10 anni di anzianità di mandato. Poi però il decreto è approdato in Parlamento, e lì le cose sono cambiate. In modo non trascurabile, visti gli effetti che potrebbe avere anche per i politici della nostra regione. La norma è stata “corretta”, ammorbidita. Una postilla di due righe in fondo alla lettera “m” dell’articolo 2 della legge 213 del 7 dicembre 2012: «Le disposizioni di cui alla presente lettera non si applicano alle regioni che abbiano abolito i vitalizi». Cosa significa? Che la norma viene di fatto azzerata per le Regioni - tutte nel 2012 - che hanno abolito i vitalizi (ovviamente a partire dalle legislature successive). Il punto è che quasi tutte le regioni, Trentino Alto Adige compreso, hanno sostituito il vitalizio con una pensione contributiva: oggi i consiglieri versano quindi l’8,8% della loro retribuzione lorda mensile e la Regione (che è il loro datore di lavoro) versa il 24,2%. L’iniquità del vitalizio, che si riceveva pagando pochissimi contributi, è superata. L’attuale legge prevede che i consiglieri possono ricevere la pensione a seconda del numero di legislature fatte: 55 anni con 4 legislature, a 60 anni con 3 e a 65 anni con una o due. E proprio l’età della pensione oggi è al centro dello scontro politico in vista della riforma della legge dei vitalizi. Rossi e Kompatscher hanno proposto che anche i consiglieri, come a tutti gli altri lavoratori, ricevano la pensione a 66 anni. Questa la proposta inserita nel disegno di legge della giunta, che recepirebbe così la legge Monti. Ma in Ufficio di presidenza si è confermato che c’è chi - si tratta di un asse Svp-Upt - punta ad una soluzione più soft: ovvero pensione a 66 anni solo per chi ha una o due legislature alle spalle, a 63 anni (c’è chi vorrebbe addirittura a 60) per chi ha fatte tre, e a 60 anni per chi ne ha quattro. L’età verrebbe comunque alzata rispetto ad oggi, spiegano i sostenitori di questa ipotesi. Ma la legge Monti sarebbe comunque «aggirata». «Chi ha fatto quattro legislature vuol dire che fa politica da una vita e prima ha fatto anni di gavetta», ha spiegato Pietro De Godenz (Upt), membro dell’Ufficio di presidenza. Ragionamento che non vale per gli altri lavoratori, quelli che non sono consiglieri regionali. Che in base alla legge Fornero dal 2013 vanno in pensione a 66 anni e 3 mesi (che diventeranno 67 dal 2021) e con 20 anni di anzianità.

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